Il fantasma del voto bis complica i colloqui al Colle
Sul sito del Quirinale è a chiare lettere: le consultazioni servono «per la formazione del governo», dunque Sergio Mattarella si attende che i leader vadano a illustrargli come superare lo stallo. Invece, per ora, i protagonisti recitano un altro copione: alzano veti, pongono condizioni insuperabili e, soprattutto, prospettano nuove elezioni. Il voto-bis sta diventando l’unico vero punto di convergenza tra M5S e Lega, e i toni bellicosi non promettono bene in vista dei colloqui che Matteo Salvini e Luigi Di Maio avranno oggi col capo dello Stato, rispettivamente a mezzogiorno e alle 16,30.
Ma la sorpresa che Mattarella non si sarebbe aspettato, anzi con ogni probabilità lo ha fatto sobbalzare, è coincisa con la visita pomeridiana di Giorgia Meloni. E non per la mise decisamente anticonvenzionale (maglione rosso granata e zatteroni alti così), bensì in quanto da leader dei Fratelli d’Italia è andata a teorizzare governi di minoranza, tutti di centrodestra; o in alternativa, nuove elezioni da celebrare in fretta. Con stupore del presidente, ha perfino illustrato una procedura che dovrebbe permettere, attraverso interpretazioni ardite dei regolamenti parlamentari, una riforma del «Rosatellum» nella cosiddetta Commissione speciale, quella incaricata di sbrigare le pratiche più urgenti. Non è ben chiaro se si presterebbe il presidente della Camera, Roberto Fico, che si è presentato di mattina a piedi da Mattarella, senza rischiare l’autobus della Raggi, per un incontro flash durato solo 15 minuti, ma da lui stesso definito «cordialissimo». Di sicuro, la sua dirimpettaia del Senato, Elisabetta Casellati, alzerebbe le barricate se l’idea della Meloni facesse strada, e qualche segnale in questo senso pare si sia colto durante il colloquio con Mattarella.
Time-out per ragionare
Salvo colpi di scena, insomma, stasera il presidente ne saprà più o meno come prima che iniziasse la passerella dei colloqui ufficiali. Tanto che già si scommette sulla data del prossimo round di consultazioni. Riprenderle da subito avrebbe poco senso, perché in mancanza di novità i leader ripeterebbero la solita versione. Meglio lasciare il tempo che si parlino tra loro, ci ragionino su e magari concepiscano qualche idea spiazzante, tipo la «mossa del cavallo» evocata ieri sera dal leghista Giancarlo Giorgetti. Dunque probabilmente saranno tutti riconvocati tra 6-7 giorni, eccezion fatta per i presidenti delle Camere e per il predecessore di Mattarella, Giorgio Napolitano, presentatosi ieri mattina puntuale e con una battuta ai cronisti («Non mostrate sorpresa», lo sapevate che non avrei detto nulla). Il resto dei colloqui sarebbe stato del tutto trascurabile, se a movimentarlo non avesse provveduto Enrico Lucci, l’ex Iena passata in Rai, con le sue domande spiazzanti. Per esempio, alla foltissima delegazione del gruppo misto alla Camera ha chiesto in falsetto: «Visto che siete venuti in 6 con 6 posizioni diverse, non è che al povero Mattarella avete incasinato ancor di più la vita?». E poi, sempre con tono finto confidenziale ma rivolto alla Meloni: «Se Salvini riuscirà a disfarsi di Berlusconi, voi lo appoggereste in un governo coi Cinque Stelle?». Però qui Giorgia se l’è cavata abilmente: «Non siamo disposti ad accettare veti nei confronti di nessuno, nemmeno su Berlusconi». Il quale trasferirà sul Colle, alle ore 11, la sua ingombrante presenza. I «Dem» ne saranno appena discesi, con Maurizio Martina e i due capigruppo. Matteo Renzi ci sarà, ma solo col pensiero.
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