La lezione del Pedagogo ai due leader
Non è affatto vero che il primo giro di consultazioni al Quirinale non abbia prodotto alcun risultato. Contrariamente alle previsioni della vigilia, anzi, si può dire che ha aperto una strada alla formazione del nuovo governo.
La sensazione, confermata dallo stesso presidente Mattarella, è che alla fine di questo primo passaggio istituzionale, soprattutto i due vincitori del 4 marzo, 5 stelle e Lega, dopo essersi autoproclamati per un mese, in nome della volontà popolare, alla guida dei rispettivi governi immaginari, hanno preso atto che un governo non può nascere senza maggioranza, e la maggioranza va costruita con accordi politici e capacità di allearsi, trovando un comune terreno d’azione. Così, se non altro, Di Maio e Salvini hanno smesso di presentarsi come due arruffati capipopolo, accettando in pieno di rispettare le «regole costituzionali», che l’interlocutore sul Colle gli aveva appena, garbatamente, ma fermamente, ricordato.
Se questo è accaduto, infatti, è perché, lontanamente dai ritratti di maniera che tendevano a presentarlo come un notaio della crisi, distaccato, muto e preoccupato solo di verificare se i partiti erano in grado di cavarsela da soli, Mattarella, come aveva annunciato fin dalla vigilia dei suoi incontri, ha assunto invece un ruolo attivo, proprio in nome del diritto degli elettori, che hanno votato per avere un governo che affronti i problemi del Paese. E trovandosi di fronte, come vincitori, due personaggi come Di Maio e Salvini, dotati di molte qualità ma non certo di notevole esperienza, il Presidente s’è trasformato in una sorta di Grande Pedagogo, per spiegar loro che se davvero vogliono riuscire a governare, come dicono, dovranno muoversi lungo un percorso, finora assai impervio, con serietà, impegno, spirito di sacrificio e attitudine ai compromessi, e soprattutto con senso di responsabilità, perché a nessuno è consentito di giocare con le istituzioni o usarle a scopo di propaganda.
Il risultato di questa lezione di metodo e di stile – che Mattarella, quando ancora insegnava all’Università, ha impartito a migliaia di studenti per formarli come cittadini – lo si è visto quando Salvini, prima, e subito dopo Di Maio, sono usciti dallo studio alla Vetrata per esprimere le loro valutazioni. A prima vista, sembravano irriconoscibili: calmi, pacati, ben disposti al negoziato, decisi a non replicare al risentimento espresso da Berlusconi nei loro confronti, attenti a non urtare chi, come il Pd, si è già collocato all’opposizione, pronti a reciproci approfondimenti, dei quali, manco a dirlo, avevano informato il Presidente, chiedendo tempo e ricevendone l’approvazione.
Il miracolo del primo giro di consultazioni – che non è detto, ricordiamolo, che con certezza possa portare alla creazione di un governo, restando aperte tutte le ipotesi, anche quella peggiore dello scioglimento delle Camere – sta proprio in questo: due leoni trasformati in pecorelle, due «rivoluzionari» che imparano a parlare la lingua delle istituzioni, un altro tono, altro comportamento, altro rispetto. Tal che, incontrando i giornalisti dopo la conclusione dei colloqui, il Pedagogo, con la sua abituale misura, ha potuto esprimere moderata soddisfazione. In un certo senso, queste consultazioni stanno rappresentando la naturale prosecuzione del discorso di Capodanno con cui il Capo dello Stato aveva spronato i partiti, sordi e lanciati ormai in una delle peggiori campagne elettorali della storia repubblicana, a scrivere una «pagina bianca», nuova, concreta, come purtroppo poi non è avvenuto.
E se appunto Di Maio e Salvini, attesi alla prova dei fatti, hanno mostrato di aver capito che la musica deve cambiare, sorprendente, per il resto, è stato l’atteggiamento degli altri partiti, che continuavano a fare come se nulla fosse, ben sapendo che non è così: l’invocazione della Meloni di un «governo di minoranza», il tono offeso di Berlusconi, avvelenato ancora dai toni della propaganda, la chiusura del Pd intento solo al suo congresso infinito. Perché l’appello di Mattarella a comportarsi responsabilmente e nell’interesse del Paese è rivolto a tutti: c’è da sperare che di qui al secondo giro di consultazioni, anche quelli che hanno fatto orecchie da mercante, le attizzino un po’ meglio.
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