Molise e Friuli, il voto che scioglierà i nodi
Ventitré giorni. Potrebbe arrivare il 29 aprile, e prima ancora il 22, la fine del limbo.
L’uscita dalla palude in cui M5s e Lega annaspano alla ricerca di una via d’uscita per andare, entrambi, al governo. È quella che potranno aprire i risultati delle elezioni regionali in Molise e in Friuli Venezia Giulia. Un secondo round dopo la tornata del 4 marzo, in ballo appena 1,2 milioni di voti in due regioni apparentemente marginali. In realtà una prova muscolare per ridefinire il peso contrattuale tra i due avversari potenziali alleati, e del Carroccio all’interno del centrodestra. Tanto che il rischio è che nell’impasse delle consultazioni nulla si muova prima di questi due appuntamenti elettorali. Un risultato che per gli uni o per gli altri vale il jolly da giocare al tavolo delle trattative, la legittimazione popolare di una eventuale fuga in avanti targata M5s-Lega.
Intanto però, si preparano a incassare l’uno pari. E a rafforzare la rispettiva leadership. Quella di Matteo Salvini, se in Friuli Venezia Giulia dovesse, come pare dai sondaggi, avere la meglio con il suo candidato Massimiliano Fedriga, appoggiato da Forza Italia dopo aver in extremis rinunciato all’azzurro Renzo Tondo. Il fatto che l’ex governatore sconfitto per pochi voti da Debora Serracchiani nel 2013, ora abbia avuto la sua rivincita alla Camera sulla sua avversaria, è un indizio di come il fortino del Pd a Nordest, già negli ultimi cinque anni espugnato a Trieste, Pordenone, Monfalcone, abbia ormai imboccato deciso la via del centrodestra. Con i dem che veleggiano sotto la soglia di allerta e il M5s che non sfonda, è il Carroccio il primo partito. La scelta di Salvini, in cambio dell’appoggio alla Casellati a Montecitorio, di insistere su Fedriga testimonia la volontà di non mollare la presa sui territori, in una campagna elettorale permanente. Il Friuli sarebbe un altro tassello da aggiungere all’asse del nord che ruota intorno al perno Lombardia-Veneto, da monetizzare all’interno della coalizione e nel dialogo con Di Maio. Che invece già assapora il successo in Molise.
Dopo il tentativo fallito in Sicilia, potrebbe essere questa la prima Regione guidata dai cinque stelle, finora fermi alla prova dei Comuni sulla linea Torino-Roma. E sarà proprio questo il ring del ritorno alle urne dopo il 4 marzo, in un territorio dove i pentastellati hanno sfiorato il 45 per cento, confermando l’egemonia a cinque stelle nel centro sud. Il centrodestra si è fermato al 29% e il centrosinistra è precipitato sotto la media nazionale. Una vittoria considerata a portata di mano dal leader, così come l’incarico per la premiership. Punto su cui non arretra, insieme al veto su Forza Italia. Un muro contro le mediazioni cercate da Salvini, consapevole che senza gli azzurri la Lega resterebbe appaiata alle percentuali del Pd. Il braccio di ferro per il governo potrebbe anche continuare, dopo i due giri di boa. Ma con una nuova geografia. A cui si aggiungeranno le elezioni in Trentino Alto Adige e Basilicata in autunno. Quando i giochi, però, saranno già chiusi. Forse.
IL GIORNALE