Pd, Orlando: “Contratto di Di Maio poco credibile. Ma in democrazia nessuno è spettatore”

MONICA RUBINO

ROMA – “In democrazia nessuno è spettatore specialmente quando ci si trova in una situazione difficile come la nostra”. Il ministro della Giustizia uscente Andrea Orlando, ospite di Circo Massimo su Radio Capital, riflette sul posizionamento del Pd all’opposizione e commenta la linea di chi nel suo partito in questa fase vuol “prendere i pop corn” e stare a guardare: “Siamo tutti d’accordo sul fatto che l’esito delle elezioni è una collocazione all’opposizione, le possibilità di realizzare un percorso di governo serio sono remote. Ma opposizione significa cose diverse, una collocazione contemplativa o un ruolo attivo, sulla base di punti precisi che si possono realizzare. L’idea di stare a guardare mangiando pop corn non mi piace, in democrazia nessuno è spettatore”.

Quanto alle trattative sul nuovo governo, Orlando ammette di avere “forti dubbi” sulle reali possibilità di un dialogo fra il Pd e i cinquestelle, dopo la recente apertura di Luigi Di Maio: “Non so se ci sono le condizioni” per un’intesa con il M5s sul governo, “partiamo da punti molto distanti tra loro. Mi pare molto difficile pensare a qualche forma di collaborazione se non convergere su singoli punti, come succede in democrazia. Ma credo che quello che rende poco credibile Di Maio è il fatto di dire: ‘se c’è Salvini sto con Salvini se no mi rivogo al Pd’. Come se fosse indifferente l’emelento di merito”.

In ogni caso per il Guardasigilli bisogna “apprezzare quando i toni cambiano, perché quelli usati contro il Pd in questi anni hanno avvelenato il dibattito e la vita pubblica. Che questo poi porti a fatti concreti è un altro discorso. Un conto è migliorare le modalità di dialogo, un altro è basarsi sui contenuti e non sui tatticismi”.

L’ultima battuta è sull’assemblea del Pd in programma il 21 aprile: “Il partito prima deve provare a costruire una piattaforma programmatica, mi interessa poco se il segretario lo elegge l’assemblea o le primarie, basta che quando si arriva al Congresso sia stato fatto quel lavoro. Credo sia più semplice farlo attraverso l’assemblea che elegge un segretario, ma a patto che non sia un elemento di divisione”.

REP.IT

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