Denis Verdini, la lettera a Luigi Di Maio: “Fai come ti dico e avrai il governo più potente di sempre”
Una “letterina” a Luigi Di Maio. E’ quella che Denis Verdini ha scritto questa mattina sul quotidiano Il Tempo. Per spiegare al novellino l’unica strada per uscire dall’impasse in cui il leader 5 Stelle s’è cacciato causa inesperienza. L’architetto del patto del Nazareno ed ex primo consigliere di Silvio Berlusconi fa notare al giovanotto che “non può proseguire con la logica dei veti nel tentativo di dividere gli ipotetici partner, ora il centrodestra, ora il Pd”. Che “l’indifferenza mostrata nel fare un governo con la Lega o con il Pd fa tanto ‘Franza o Spagna’, purchè se magna”. E bastona pesante l’ex steward del San Paolo dicendo che “la giovane età non giustifica una così maldestra ingenuità, tanto meno in politica”.
Detto quello, Verdini di cala nel ruolo che lo ha sempre visto principe: quello del consigliere. Suggerendo a Di Maio che l’unica maggioranza possibile sarà programmatica e che nè lui nè Salvini saranno premier non potendo l’uno essere vice dell’altro in una ipotetica alleanza. L’unica strada è “sedersi attorno a un tavolo con ‘tutto’ il centrodestra per determinare un programma condiviso”.
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A quel punto potrà realizzare solo parte di quanto promesso a piene mani in campagna elettorale, dovendo concedere all’alleato di mettere in campo parte del suo, di programma. Ma il vantaggio sarebbe la “maggioranza strabordante” su cui l’intesa potrebbe contare. Perchè 37 (%) sommato a 33 fa 70%. Nessuno in Italia, nella storia delle Repubblica, ha avuto una maggioranza del genere.
Ed ecco, allora, che “Di Maio potrebbe alzare l’asticella e mettere in cantiere riforme decisive per la modernizzazione del Paese, compresa quella della costituzione, il dimezzamento dei parlamentari, il superamento del bicameralismo parlamentare, l’introduzione di elementi di presidenzialismo o semipresidenzialismo, la riforma della giustizia. Il Partito democratico verrebbe messo all’angolo e difficilmente potrebbe tirarsi indietro, pena l’autocondannarsi alla marginalità più estrema…”.
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