Dal preincarico a Giorgetti al governo del presidente: le carte di Mattarella

Nuvole barocche sovrastano il Quirinale. Sono gonfie di pioggia e nere come le fumate che escono dalla Cappella Sistina quando un Conclave non riesce a eleggere un Papa. «Si rischia che questa faccenda si trascini a lungo». È un corazziere a fare la profezia, rassegnato a chissà quanti altri giorni di piantonamento speciale al portone. Non ha torto, dato che le consultazioni di Sergio Mattarella, avviate nel convincimento di un accordo ormai vicino, si sono di minuto in minuto incartate, ieri.

Le complicazioni

Complicazioni scaturite più per una coda delle pregiudiziali e dei veti delle ultime settimane (in primis quello su Silvio Berlusconi) che per i dubbi sulla posizione dell’Italia nell’escalation militare in Siria, giudicata come un potenziale fronte divisivo. Così era scontato che, quando nella Loggia alla Vetrata si sono affacciati i due principali attori dello sbandierato patto di governo, scattassero vicendevoli richiami alla «responsabilità nei confronti del Paese». Un modo per rinfacciarsi la colpa di un eventuale fallimento, mentre l’ex Cavaliere si esibiva davanti alle telecamere con battute molto abrasive, e per nulla apprezzate dagli alleati, sui 5 Stelle.

La resa dei conti

La resa dei conti che azzerava la partita si è avuta però nell’incontro chiuso, quando il centrodestra si è presentato «granitico» nella propria unità e nelle proprie pretese (nessun passo indietro, o di lato di Berlusconi, e guida del governo), spiazzando la delegazione dei grillini, che a quanto pare vantavano una sorta di preaccordo con i leghisti. Tra l’altra notte e ieri mattina sono dunque cambiate molte cose tra i promessi partner. E il risultato è questo: il presidente della Repubblica ha preso atto che l’impasse continua e che scenari alternativi non esistono, vista l’eterna indisponibilità del Pd a lasciarsi coinvolgere. Insomma, di colpo tutto è andato in tilt.Stamane Mattarella chiuderà la ricognizione sentendo i presidenti delle Camere, e il presidente emerito, Giorgio Napolitano, tra l’incertezza sulle proprie mosse. Ha ventiquattr’ore per sparigliare le carte, sbloccando lo stallo.

Le tre scelte

Le scelte possibili per lui sono tre, ferma restando la propria dichiarata volontà di imprimere subito un’accelerazione ai negoziati. O un preincarico a un esponente della Lega in quanto partito-guida del centrodestra (che, presentandosi unito, conta su un 37 per cento), e in particolare a Giancarlo Giorgetti, al quale vengono riconosciute doti di mediatore e il cui nome è rimbalzato con forza pure al Quirinale. O il mandato a qualche figura istituzionale (su tutti la presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, che potrebbe forse recuperare terreno a qualche correzione nel centrodestra) nel ruolo di «esploratore». Il suo compito sarebbe quindi quello di verificare in fretta la residua praticabilità di un’intesa tra le due formazioni politiche che rivendicano di aver vinto. Oppure, extrema ratio, fino all’altro ieri improbabile ma che potrebbe materializzarsi considerando che la situazione internazionale è in movimento, un incarico pieno a una personalità sopra le parti. Una figura adeguata a formare un esecutivo di tregua (o di scopo, o del presidente, o comunque si preferisca definirlo). Una rosa di opzioni su cui Mattarella potrebbe chiudere oggi stesso o, al più tardi, entro tre o quattro giorni.

Il tempo

Infatti, anche se i partiti gli hanno ripetuto «dacci ancora un po’ di tempo», il capo dello Stato ha avvertito tutti che «il tempo si sta esaurendo». Perciò non consentirà che le schermaglie si trascinino nell’inconcludenza. Specie se qualche partito si sente ancora in campagna elettorale (e le elezioni regionali in Molise e nel Friuli-Venezia Giulia sono previste tra il 22 e il 29 aprile) e gioca a tirarla lunga. Vuole impegni precisi «altrimenti la gente», della quale si è dichiarato portavoce e quasi difensore civico, «non capirebbe». Su questo ha insistito con i suoi interlocutori anche per le diverse urgenze che premono. Tra le quali la questione siriana sovrasta angosciosamente ogni altra.

CORRIERE.IT

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