Governo, amarezza di Mattarella: «Nessun progresso tra i partiti»
Anche il secondo giro di consultazioni al Quirinale si è concluso con un nulla di fatto. Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha certificato che non c’è stato alcun progresso nelle trattative tra le forze politiche e che per questo sarà necessario un ulteriore periodo di riflessione. «Mi prenderò alcuni giorni – ha detto – al termine dei quali deciderò come uscire dallo stallo». Il capo dello Stato ha tuttavia richiamato la necessità di «avere un governo nella pienezza delle sue funzioni» ricordando le «tensioni del commercio mondiale, la crisi internazionale, le scadenze europee» che impongono l’insediamento rapido di un esecutivo che non si occupi solo delle questioni correnti, come quello attualmente in carica.
I veti incrociati
Le opzioni nelle mani del capo dello Stato, a questo punto, non sono molte, soprattutto perché Forza Italia e Movimento 5 Stelle hanno ribadito i reciproci veti, cosa che complica il tentativo di Matteo Salvini di trovare un punto di incontro con i pentastellati. Questi ultimi si dicono sempre disponibili a ragionare con la Lega, ma solo con un «passo di lato» di Berlusconi, giudicato l’ostacolo ad un vero cambiamento.
Uniti ma divisi
I tre leader del centrodestra ieri si sono presentati uniti al Quirinale. Ma, al di là delle dichiarazioni ufficiali, se ne sono andati divisi, come mostra anche il video dell’agenzia Vista della loro uscita dal palazzo in silenzio e ognuno per i fatti propri. Evidente l’irritazione di Salvini e Meloni per il tentativo del leader azzurro di prendere la scena e, soprattutto, per la battuta a tempo scaduto con cui ha attaccato i grillini chiudendo di fatto ogni ipotesi di accordo.
Le tre opzioni
Le alternative ora sono sostanzialmente tre: un incarico ad un esponente della Lega (Giorgetti in prima fila) in quanto primo partito della coalizione che in Parlamento raccoglie il maggiore consenso; un mandato esplorativo ad una carica istituzionale (la più accreditata è la presidente del Senato); o un incarico ad una figura super partes che possa farsi carico di un portare avanti quello che Marzio Breda sul Corriere della Sera ha definito un «esecutivo di tregua», per mettere in secondo piano gli scontri interni mentre la situazione internazionale si fa incandescente. Ma quest’ultima ipotesi è considerata solo l’extrema ratio, la carta da giocare in assenza di alternative politiche.