Attacco in Siria, le tre mosse di Trump

Tre obiettivi colpiti, nella periferia di Damasco e di Homs, tutti e tre strettamente collegati all’uso delle armi chimiche. Stati Uniti, Francia e Regno Unito sono passati all’azione nella notte siriana. E’ stato il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ad annunciare lo strike intorno alle 21, ora americana di venerdì 13 aprile (le 3 del 14 mattina in Italia). Un discorso in diretta tv, incardinato su tre concetti chiave. Primo: «L’anno scorso gli Stati Uniti hanno risposto al bombardamento chimico ordinato da Bashar al Assad, distruggendo il 20% dell’aviazione siriana.

Sabato scorso (7 aprile ndr) il regime di Assad ha fatto strage ancora con armi chimiche nel villaggio di Douma: un’escalation significativa di questo regime davvero terribile». La risposta degli Usa e degli alleati Francia e Regno Unito è quindi «più dura», rispetto al 2017, perché modulata sulle «atrocità e crimini» del «mostro» Assad. Secondo punto, fondamentale sul piano politico: il blitz non è diretto contro Russia e Iran, però Trump ha «una domanda» per questi due Paesi: «Che tipo di nazione vuole essere associata all’uccisione in massa di uomini, donne e bambini innocenti? La Russia può decidere se continuare a scendere lungo questo oscuro sentiero o se invece vuole unirsi alle nazioni civili come una forza per la pace e la stabilità. Un giorno, speriamo, potremo andare d’accordo con la Russia e forse anche con l’Iran. Oppure no».

Infine l’indicazione strategica: «Gli Stati Uniti hanno una piccola forza militare in Siria, concentrata sull’eliminazione dell’Isis. L’America non è interessata a una presenza indefinita in Siria, a nessuna condizione. L’America non ha illusioni. Non possiamo purificare il mondo dal male. Faremo del nostro meglio per contribuire alla pace nel Medio Oriente. Ma il destino di quella regione e nelle mani dei suoi popoli». Un’ora dop, alle 22 (le 4 in Italia), il Segretario alla Difesa, James Mattis, ha tenuto una conferenza stampa al Pentagono. Mattis e il generale Joseph Dunford, il coordinatore dello Stato maggiore delle forze armate, hanno fornito i primi dettagli sull’incursione, durata circa un’ora. Sono stati colpiti tre obiettivi: un centro di ricerca scientifico sullo sviluppo delle armi chimiche nell’area suburbana di Damasco e due depositi, uno di Sarin, ad ovest di Homs. Il capo del Pentagono ha insistito sulla scelta dei target: «Abbiamo puntato sulle infrastrutture del regime siriano, senza coinvolgere la popolazione e personale straniero».

Attacco circoscritto, dunque, anche se «i danni collaterali», cioè le perdite di civili non si possono «escludere al 100%». Nella giornata di oggi, 14 aprile, intorno alle 15 ore italiana, il Pentagono comunicherà altre notizie. Per il momento Mattis e il generale Dunford hanno detto che «le operazioni si sono concluse». Un colpo secco.«Non ce ne sono altre in programma. A meno che Assad non usi ancora le armi chimiche». Altro aspetto importante: il Pentagono ha preavvertito i russi, usando quello che Dunford ha definito il “canale di comunicazione per evitare il conflitto aereo”. Né Mosca né Teheran, a quanto riferito dal Pentagono, hanno reagito attivando le batterie antimissili. Questo significa che Stati Uniti da una parte e Russia-Iran dall’altra sono stati molto attenti a evitare il confronto militare diretto. Ma certo da oggi la tensione politica salirà al massimo.

CORRIERE.IT

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