Governo, Mattarella: esploratore o preincarico, si parte dal centrodestra
«Una maggioranza che maturi spontaneamente, crescendo nel confronto tra i partiti». Ecco le aspettative di Sergio Mattarella dopo il voto, nella speranza di non dover usare la pressione presidenziale per veder nascere un governo. Dopo più di quaranta giorni e due frustranti giri di consultazioni quell’auspicio resta confinato tra le realtà virtuali. Infatti, da sole, «spontaneamente», le forze politiche non hanno prodotto nulla: troppi distinguo, veti, personalismi. Zero passi avanti, tanto che ancora ieri sera dagli emissari dei partiti non erano rimbalzati segnali univoci al Quirinale. Perciò ci proverà lui, da domani, a sbloccare lo stallo. E, per come si sono messe le cose e a meno di clamorose novità dell’ultima ora, potrebbe farlo per interposta persona. Affidando cioè un mandato esplorativo a una delle due alte cariche dello Stato, cioè i presidenti del Senato, Elisabetta Alberti Casellati, o quello della Camera, Roberto Fico. Scelta che dovrebbe cadere sulla Casellati, appena insediata alla guida di Palazzo Madama. Se andrà così, lei dovrà farsi allestire in fretta uno studio a Palazzo Giustiniani e preparare un calendario di incontri nel tentativo di avvicinare le posizioni e sbrogliare i nodi di un accordo che fino alla settimana scorsa pareva quasi fatto.
Pregiudiziali non negoziabili
L’altra opzione di cui dispone il capo dello Stato è quella di conferire un preincarico a Matteo Salvini o a Luigi Di Maio e si sa che in questa ipotesi il leader leghista sarebbe privilegiato in quanto indicato dall’intero centrodestra, coalizione forte del maggior numero di voti e dalla quale Mattarella intende quindi partire. Solo che, sia lui sia il socio-rivale Di Maio temono che una simile «chiamata» adesso possa tramutarsi in una bruciatura. Non a caso il macigno che li divide, vale a dire la legittimazione di Berlusconi come partner, è ancora tra le pregiudiziali reciprocamente non negoziabili. Non basta: sono tutti e due impegnatissimi nella campagna elettorale di Molise e Friuli-Venezia Giulia e che ci puntino molto lo dimostra la profezia di Salvini ieri: «Se vinco le regionali, faccio il governo in 15 giorni».
L’asimmetria narrativa e istituzionale
Frase che alza il velo sulla voglia di traccheggiare un altro po’, prima di impegnarsi davvero per chiudere. Insomma: altro che mediazioni, siamo sempre alla paralisi. Il presidente della Repubblica dovrà suo malgrado abbozzare. Lo farà per pochissimo, però. Come ha ripetuto ai suoi interlocutori, ci sono troppi problemi (crisi siriana, Def, summit europeo di fine giugno) perché l’Italia resti senza un governo «nella pienezza dei poteri». Urgenze che, oltretutto, rendono incertissimi, se non inverosimili, gli scenari di un rientro in partita del Pd. Li azzardano i giornali, ma c’è una asimmetria tra la narrazione politica dei mass media e il percorso istituzionale che diventerà questione dei cittadini attraverso la trasparenza. Ne ha accennato a Forlì, ieri, ricordando Roberto Ruffilli, senatore dc ucciso dalle Br nel 1988. Lo ha indicato come esempio di chi «lavora per il dialogo, per unire» e sa applicare alla vita reale «il patto tra cittadini e Stato». La sua lezione «sul senso di comunità» era imperniata sulla «trasparenza». La stessa che vuole comunicare lui ora agli italiani, in questo difficile passaggio.
CORRIERE.IT
This entry was posted on martedì, Aprile 17th, 2018 at 07:29 and is filed under Politica. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0 feed. You can skip to the end and leave a response. Pinging is currently not allowed.