Nuovo governo, i «paletti» di Mattarella al mandato esplorativo
La preghiera è di «non spoilerare il finale». Cioè, come si dice per un film guardato in famiglia, di non rovinare la sorpresa della partita in corso al Quirinale, pretendendo di anticipare quello che succederà. Non è un grande sforzo esaudire l’invito del Colle, visto che neppure Sergio Mattarella sa dove lo porteranno i partiti a fine percorso. Oggi intanto un mandato esplorativo alla presidente del Senato, Elisabetta Alberti Casellati, un passo giudicato invece sicuro, ormai. Lo verificheremo a metà mattinata. Sapendo che solo dopo questa missione della seconda carica dello Stato conosceremo la reale praticabilità di un patto tra 5 Stelle e centrodestra in grado di sostenere un governo politico. Tutto lascia prevedere che non sarà affatto facile la nascita di una simile intesa. Fino a ieri sera si sono attese notizie, sul Colle. Ma quelle arrivate non sono state risolutive, perché riflettono ancora troppi veti e tatticismi.
Il capo dello Stato l’ha messo nel conto, deciso com’è a non lasciare nulla di intentato, su questo versante. Scandagliare il terreno in profondità attraverso un intermediario come la Casellati — mossa meno impegnativa di altre — gli serve per due motivi: 1) confermare un rapporto leale e fiduciario con i due mezzi vincitori, in modo che non siano possibili recriminazioni di atti di forza o di esproprio della volontà popolare da parte sua; 2) esaurire e «consumare» fino in fondo le strade da lui ipotizzate dopo il voto per passare successivamente a uno schema libero, con un maggiore spazio di manovra per iniziative discrezionali sue (le cosiddette «risorse potestative»). Queste iniziative, però, dipendono pur sempre da ciò che le forze politiche gli lasceranno fare. Se lo sforzo della «esploratrice», alla quale il Colle porrà precise indicazioni, andasse male che farebbe Mattarella? Qual è il punto di caduta, in questa fase del gioco? È presto per dirlo.
Potrebbe mettere il sigillo definitivo sul disegno coltivato dai due pretendenti a Palazzo Chigi, affidando un preincarico a Salvini o perfino allo stesso Di Maio. I quali, in caso di fallimento, si dovrebbero arrendere davanti a lui e davanti al Paese. E, poiché il voto non rientra nell’orizzonte del Quirinale, allora sì il capo dello Stato potrebbe avere un colpo d’ala e inventarsi una formula alternativa (e un nome adatto a fare il premier) da quella studiata fino ad adesso per insediare un esecutivo. Dipenderà da diversi fattori, considerando che adesso toccherebbe ai partiti «esplorare sé stessi» e le proprie capacità di rispondere alle domande per un governo in tempi brevi avanzate dal presidente durante le consultazioni. Partiti tra i quali il Pd sta dimostrando una certa voglia di entrare in scena, e infatti in largo del Nazareno molti si sono già mossi esplicitamente in tal senso. Un quadro in movimento turbato, nelle ultime ore, da una ridda di voci sulle intenzioni «nascoste» di Mattarella. Un crescendo di azzardi fra i quali spicca la «certezza» che non accetterà mai di tenere a battesimo un esecutivo populista senza bilanciarlo in qualche maniera. Chi le avanza trascura un fatto: il presidente non mira a escludere nessuno, e già questa è una lezione di democrazia.
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