Siria, Lega e M5S sempre più lontani sulle alleanze internazionali
Ci sono due aspetti che colpiscono, nella discussione di ieri in Parlamento sull’attacco alla Siria. Il primo è l’impostazione rigorosa che il premier dimissionario Paolo Gentiloni ha dato dell’appartenenza all’Alleanza atlantica: «Una scelta di campo» accanto agli Stati Uniti, ha detto; anche se l’Italia non ha partecipato ai bombardamenti e spinge per una soluzione diplomatica. Il secondo aspetto è la divergenza che sulla politica estera cresce tra le due forze che dovrebbero formare un governo dopo il 4 marzo: M5S e Lega. Sia sui rapporti con Usa e Russia, sia sull’euro le differenze si approfondiscono. Luigi Di Maio ribadisce di non volere abbandonare le alleanze internazionali. E assicura che si tratta di una scelta strategica. È indicativo che ieri la capogruppo del M5S alla Camera, Giulia Grillo, abbia confermato la volontà di «restare sotto l’ombrello della Nato»; e bollato come «abominevole» l’uso delle armi chimiche di cui è accusato il dittatore siriano Bashar Assad.
I toni della Lega, invece, tendono a assecondare le tesi della Russia: pur non mettendo in discussione formalmente le alleanze. Se a questo si aggiungono le parole sulla moneta unica di Massimiliano Fedriga, candidato del Carroccio in Friuli-Venezia Giulia, lo sfondo si complica. «Se gli strumenti non danno risultati vanno cambiati», ha detto Fedriga sull’euro. «O rinegoziamo e cambiamo, o si esce». È possibile che i dirigenti leghisti risentano della campagna per le Regionali; e dunque carezzino gli umori antieuropei di una parte del loro elettorato. Ma l’effetto è di alimentare vecchi e nuovi dubbi sul profilo internazionale dell’Italia in caso di esecutivo tra Cinque Stelle e Lega. È vero: Di Maio sembra avvicinarsi a passi rapidi alla linea tradizionale del Pd e di FI; e come candidato a Palazzo Chigi assicura che non si tratta di un espediente per abbassare gli ostacoli occidentali nel tentativo di arrivare a Palazzo Chigi. Il problema è che cambiamenti così improvvisi vengono osservati con una punta di scetticismo. Il salto sarebbe confermato dalla tesi secondo la quale sono state apportate alcune correzioni in corsa al programma elettorale del M5S, per farlo apparire più moderato: tesi del Foglio che il M5S, però, respinge come «falsa». Una europeista convinta come Emma Bonino arriva alla conclusione che non si sentirebbe garantita da un asse M5S-Lega in politica estera. Bonino distingue tra Di Maio e Salvini. Il capo del Carroccio la preoccupa, per una posizione che non è nemmeno quella di Berlusconi «pure amico personale di Putin». Su Di Maio, invece, non riesce a capire se quella atlantista sia «una posizione sincera». Inutile sottolineare che inciderà sull’incarico esplorativo che il capo dello Stato, Sergio Mattarella, affiderà nelle prossime ore al presidente del Senato, Elisabetta Casellati.
CORRIERE.IT