Governo, i miraggi dissolti e l’operazione «sincerità»
La presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, non ha il compito di trovare la formula magica del nuovo governo. Sarà già un passo avanti escluderne uno, e avere dai partiti quel supplemento di sincerità mancato nei primi due giri di consultazioni al Quirinale. Sergio Mattarella finora si è trovato a discutere con forze che offrivano soluzioni alle quali per prime non credevano; e che parlavano non coi risultati del 4 marzo alle spalle, ma col miraggio di nuove elezioni davanti. Quel miraggio, ora, si è dissolto: il capo dello Stato lo ha fatto capire con nettezza, e prenderne atto sarebbe una dimostrazione di realismo. Tornare alle urne con l’attuale sistema elettorale significherebbe solo riproporre, aggravati, i problemi di ingovernabilità che si stanno profilando; e scaricare sull’Italia la contrapposizione inconcludente dei partiti. A questo punto, si tratta di sottrarre alibi agli interlocutori, e il metodo scelto da Mattarella va apprezzato: ha il pregio della linearità e dell’equidistanza. Il secondo gesto di realismo riguarda i rapporti di forza in Parlamento. È inutile che Cinque Stelle e centrodestra si appuntino la medaglia dei «vincitori», con criteri opposti ma comunque di comodo. Piaccia o no, le Camere sono composte da una serie di minoranze, non da una maggioranza.
Il Parlamento riflette logiche di tipo proporzionale. «Leggerle» con interpretazioni distorte, da maggioritario, non aiuta le ambizioni dei pretesi «vincitori»; e soprattutto fa perdere tempo al Paese. Sergio Mattarella confida che Maria Elisabetta Alberti Casellati riesca a smuovere queste false convinzioni. Non solo perché ha circoscritto l’incarico esplorativo a un esecutivo tra centrodestra e Movimento 5 Stelle. La presidente è un’esponente di Forza Italia, e può captare intenzioni nascoste nei colloqui al Quirinale. In più, è stata eletta con il contributo del Movimento 5 Stelle: incarna la «maggioranza istituzionale» espressa ai vertici del Parlamento, ma non replicabile, sembra, a livello di governo. Qualche larvata indicazione già arriva. Il centrodestra è andato alle consultazioni a Palazzo Giustiniani di nuovo in ordine sparso: Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia. In più, il capo del Carroccio, Matteo Salvini, ha preferito mandare avanti i capigruppo. Questo ha permesso al Movimento 5 Stelle di affermare che il centrodestra sarebbe «un artificio elettorale», ribadendo il veto su Silvio Berlusconi. Con un ultimatum a Salvini: decida entro fine settimana. Si dovrebbe concludere che l’esplorazione «non» troverà un governo. Anche perché cresce l’impressione che la Lega e il suo leader in ascesa preferiscano aspettare di ereditare l’intero centrodestra, rimanendo all’opposizione: nonostante il rischio di accentuare una politica filorussa che potrebbe far deragliare la nostra politica estera. L’atlantismo improvviso ma in apparenza convinto di Di Maio allarga il fossato tra i due supposti «vincitori». E avvicina i Cinque Stelle al Partito democratico. Ma questo non basta a prefigurare un’alleanza alternativa. Tanto che non si può escludere un’ulteriore serie di colloqui con l’obiettivo di completare l’«operazione sincerità» su ogni fronte. Mattarella non segue un disegno prestabilito. Punta a mettere i partiti di fronte alle proprie contraddizioni, passo dopo passo. Ma deciderà appena saranno evidenti le responsabilità, o l’irresponsabilità, delle forze alle quali gli elettori hanno assegnato il compito di governare.
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