Mattarella: è l’ora dei passi indietro. Altrimenti dovrà provarci Fico

Un tentativo quasi platonico, giusto per non lasciare nulla di intentato, anche ciò che sembra temerario solo immaginare. E perciò compiuto a passo di carica, come ha voluto Sergio Mattarella perché la gente non pensi che ai piani alti della politica si perde tempo. Una missione esplorativa mirata a un unico scopo: verificare se esistono i presupposti per una maggioranza tra centrodestra e Movimento 5 Stelle, vincitori non autosufficienti al voto del 4 marzo, in grado di formare un governo. Un mandato con davvero poche chances, per Elisabetta Alberti Casellati, scelta per due motivi: 1) è stata eletta alla guida del Senato proprio grazie all’accordo sul suo nome espresso da quella supposta maggioranza; 2) avendo a lungo militato nella coalizione ora guidata da Matteo Salvini, si spera che abbia forse qualche possibilità di dialogo in più, almeno «con i suoi».

Per chiudere il cerchio

Domani l’inquilina di Palazzo Madama dovrà ripresentarsi al Quirinale per riferire. A quel punto tutte le carte saranno sul tavolo, per quanto già i suoi primi colloqui si siano rivelati irti di difficoltà (Salvini non ha neppure interrotto la campagna elettorale per andarci) e con ridottissimi spazi di manovra. Infatti, Luigi Di Maio non cambia registro e insiste a marchiare il centrodestra come «un’astrazione». Mentre Silvio Berlusconi rispolvera l’armamentario della fatidica campagna elettorale del 1948, per accreditare se stesso e i propri alleati fra i «difensori della democrazia» (contro chi invece la minaccia: ieri i comunisti, oggi i 5 Stelle, evidentemente).

Se la missione della Casellati si chiuderà con un fallimento, il capo dello Stato si prenderà 48 ore di riflessione. Poi avrà a disposizione una residua alternativa, e soltanto quella, per chiudere il cerchio restando nella stretta fisiologia istituzionale. Affidare un ulteriore mandato esplorativo — e stavolta potrebbe toccare alla terza carica dello Stato, Roberto Fico, ma l’opzione non è automatica — finalizzato a indagare sull’eventuale esistenza di altre maggioranze.

Ansia di emancipazione

In quel caso, le ipotesi di lavoro messe in preventivo da Mattarella sarebbero ovviamente legate a riposizionamenti politici, nuove disponibilità e rinunce da parte di molti. Per esempio da parte di Salvini, posto che decida di rompere con il centrodestra: svolta al momento non credibile. Oppure, da parte di Berlusconi, ammesso che accetti di fare un passo indietro o di lato: altrettanto improbabile. O, ancora, da parte del Pd, purché ripudi il diktat di Matteo Renzi sulla sconfitta come condanna all’opposizione e accetti di stringere un patto con i 5 Stelle: ma l’ex segretario continua a tenersi strategicamente lontano dai radar della politica e intanto i suoi fedelissimi ostacolano ogni ansia di emancipazione del partito. Nonostante tutto, nel borsino delle scommesse di Montecitorio, è quest’ultimo lo scenario su cui si concentrano certi timori o, alla pari, certe aspettative. Politiche e giornalistiche. Scenario condizionato anch’esso, a riprova che i veti dominano questa stagione. Per capirci: i dirigenti del Partito democratico hanno sempre preteso che Di Maio rinunci alla premiership, se il Movimento confida sul serio in una alleanza con loro. Con il sottinteso che a Palazzo Chigi preferirebbero Fico, contando magari sul fatto che, dopo un suo eventuale mandato esplorativo, possa avere lui il pre-incarico. Congetture e azzardi che dimostrano come si resti ancora in mezzo al guado, ma che non distolgono Mattarella dal percorso che si è dato. Al termine del quale, bisogna pur ricordarlo a chi vagheggia un rapido ritorno alle urne, resterebbe un solo approdo: un governo d’emergenza.

CORRIERE.IT

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