Veni Vidi Virgi

Mattia Feltri

Si impreziosisce il patrimonio storico-culturale italiano: dopo i taccuini di Leonardo da Vinci e lo stivale di Garibaldi ferito ad una gamba, ecco lo scranno di Virginia Raggi, messo provvidenzialmente sotto tutela dal consiglio comunale di Roma. È successo che Cristina Grancio, ex consigliera a Cinque Stelle espulsa per l’altissimo tradimento di deplorare l’edificazione del nuovo stadio, abbia dovuto abbandonare le postazioni di maggioranza e trasferirsi in quelle di minoranza. Lì ha tentato il sacrilegio di poggiare le ignobili terga laddove la rivoluzione cominciò, e cioè laddove la sindaca poggiò le sue, auguste, quando sedeva all’opposizione di Ignazio Marino. Capirete l’inaccettabile bravata. Lordare di impurità la purezza di quel trono! Giammai!
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L’aula, nella sua rappresentanza grillina, s’è rivoltata. Ma siccome la fedifraga insisteva, martedì si è deciso di inibirle la profanazione. Del resto i conti comunali seguono un rigore bavarese, le strade sono un biliardo, i mezzi pubblici tengono il passo dei cronometri svizzeri: giusto dedicare un pomeriggio all’imprevista sciagura. Così il consiglio, fremendo di indignazione, ha prescritto a maggioranza l’intangibilità del venerabile sedile: nessuno avrà il privilegio di adagiarvisi. Su quali basi di legge sarebbe ignoto, se non ci fosse una superiore legge celeste. Ora, in attesa della certificazione dell’Unesco, lo scranno di Virginia resterà lì, sotto il millenario sguardo della statua di Giulio Cesare. A sempiterna memoria. Che poi, Raggi, chi ti dimenticherà mai?

LA STAMPA

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