Governo, Di Maio: “Al Pd propongo accordo di governo al rialzo”. Fico: “Dialogo avviato, mandato si chiude con esito positivo”
di CARMINE SAVIANO e PAOLO GALLORI
ROMA – Luigi Di Maio chiede al Pd, ma anche al M5s, di fare un passo avanti per il bene del Paese. Senza rinnegare distanze che, evidentemente, esistono. Il leader pentastellato propone ai dem non un compromesso, ma un accordo di governo “al rialzo”. E se non si arriverà al risultato, non resterà che tornare alle urne. Con la personale certezza, sottolinea Di Maio, che il M5s crescerà ancora. Questa la sintesi del pensiero del candidato premier del M5s dopo la seconda consultazione con il presidente della Camera Roberto Fico. A esprimere la posizione del Pd, due ore prima, era stato il segretario reggente Maurizio Martina: “Passi avanti importanti, ma restano differenze. Decideremo in direzione”.
Matteo Salvini segue a distanza gli sviluppi, guardando sempre al M5s: “Io non chiudo la porta in faccia a nessuno, spero che la telenovela tra Renzi e Di Maio non duri troppo e secondo me sarebbe un governo irrispettoso per gli italiani. Quando avranno finito il loro amoreggiamento, se gli andasse male come io penso, io ci sono. Gli italiani hanno votato un
programma e una squadra e io non tradisco. E da leader del centrodestra mi faccio garante del fatto che qualcuno nella coalizione la smetta di sobillare”. Ovvero, Silvio Berlusconi.
Nel pomeriggio Roberto Fico riferisce a Mattarella e poi condivide con la stampa i segnali positivi raccolti, spiegando che il suo mandato si conclude qui. “Tra Movimento 5 stelle e Partito democratico il dialogo è avviato. In questi giorni ci sarà dialogo in seno alle due forze politiche, aspettando la direzione del Partito democratico della settimana prossima. Credo sia importante, ragionevole e responsabile rimanere sui temi e sui programmi. Il mandato esplorativo che mi ha affidato il presidente della Repubblica ha avuto esito positivo ed è concluso”.
Governo, Di Maio (M5s): “Al Pd chiedo uno sforzo o si torna al voto”
I messaggi di Di Maio ai militanti e al Pd
“Abbiamo il 32 per cento – attacca Di Maio -. Non siamo autonomi e quindi stiamo cercando di portare a casa un buon contratto di governo al rialzo, non al ribasso. Potevamo fare anche noi gli interessi di parte, potevamo fare come la Lega. Ma io non vedo l’ora di mettermi al lavoro” sui problemi dei giovani, degli anziani, delle famiglie e delle imprese, dice Di Maio. “Credo – insiste – che dal voto del 4 marzo siano uscite delle richieste sui problemi dei pensionati rispetto alla legge Fornero, i problemi del precariato rispetto alle leggi sul lavoro, problemi legati a insegnanti che devono fare mille chilometri per andare a lavorare, problemi sulle grandi opere inutili”.
Quindi, l’invito a fare un passo avanti, guardando non solo al Pd ma anche in “casa”. “Io capisco chi tra i nostri dice ‘mai col Pd’, come capisco chi tra gli elettori del Pd dice ‘mai con il M5s’. Ma qui si sta parlando non di negare differenze anche profonde. Stiamo semplicemente cominciando a ragionare in un’ottica non di schieramento”. E qui, la richiesta di uno “sforzo” al Pd perché non chieda “al Movimento 5 stelle di negare le battaglie storiche”, dice il capo politico del Movimento in riferimento ad “alcune dichiarazioni in questi giorni” di esponenti del Pd, precisando: “E non mi riferisco alla linea espressa dal segretario Martina, che apprezziamo”. Bisogna fare un passo indietro rispetto alle divisioni e uno in avanti per il Paese. “E’ un’opportunità, questa diciottesima legislatura – è l’ultimo invito di Di Maio -. Se si riescono a fare le cose bene, altrimenti si torna al voto. E se si torna al voto io sono convinto che il Movimento 5 stelle ne uscirà rafforzato”.
Poi una bella bordata a Silvio Berlusconi, che ieri, 25 aprile, nonostante i continui richiami di Matteo Salvini a finirla con gli insulti, ha paragonato l’ascesa del M5s agli occhi degli italiani a quella di Hitler per gli ebrei, un “pericolo per il Paese”. Ed ecco la replica di Di Maio: “Bisogna mettere mano a questo continuo conflitto di interesse che c’è in Italia. Penso ad esempio al fatto che Berlusconi usando le sue tv continua a mandare velate minacce a Salvini”.
Il Pd si affida alla direzione del 3 maggio
Un paio di ore prima, Fico e il Pd, atto secondo. Il presidente della Camera e la delegazione dem guidata dal reggente Maurizio Martina, si sono ritrovati questa mattina a 72 ore di distanza dal loro primo incontro. Tre giorni in cui i vertici del Movimento e quelli del Pd hanno dovuto far fronte soprattutto ai reciproci malumori interni: militanti in rivolta, malumori tra i gruppi dirigenti, accordo sì, accordo no.
Per adesso, la linea del dialogo nel Pd è formalmente aperta. Ma le divisioni di fondo su una alleanza di governo con i 5Stelle restano. E forse sono persino acuite da un paio di passaggi del discorso di Di Maio che avrebbero irritato i renziani. In particolare, sulla discontinuità con la Buona Scuola e le grandi “inutili” opere, come pure sulle “dichiarazioni di questi giorni” di esponenti dem, ma non riconducibili all'”apprezzabile” Martina. Affondi che rivelerebbero, secondo i renziani, il reale obiettivo di Di Maio: non l’accordo, ma spaccare il Pd in vista della decisiva direzione convocata per il 3 maggio.
E qui si innesta l’invito di Gianni Cuperlo a usare “cautela, equilibrio e volontà di non spaccare una sinistra che l’ultima stagione ha già spaccato abbastanza. Questo non è tempo per incendiare gli animi”. Ma una settimana, quella che separa dalla direzione, è lunga e, in questo clima, logorante. Per questo Cuperlo chiede di “convocare la direzione prima, anche per evitare che il dibattito si faccia a colpi di tweet o sondaggi di piazza. Abbiamo bisogno di una discussione seria e di una decisione il più possibile condivisa e impegnativa per tutti”.
Governo, Martina: “Da M5s passi avanti, la decisione il 3 maggio in Direzione”
“Ci sono stati passi avanti”, dice il reggente Martina alla fine dell’incontro con Fico, “in particolare rispetto a una richiesta fondamentale che avevamo avanzato: che si chiuda definitivamente una fase, quella della trattativa tra M5s e Centrodestra”. Poi Martina parla del lavoro all’ordine del giorno nella prossima direzione del partito: “Abbiamo deciso di convocarla per decidere se e come accedere a questo confronto con i 5s da comunità collettiva. Insieme discutiamo e poi insieme lavoriamo”. Una chiosa arriva da Andrea Marcucci, capogruppo dem al Senato e vicino a Renzi: “Se il dialogo partisse, la nostra base sarebbe il programma in 100 punti del Pd”.
Centrale sarà il fattore tempo. I Cinque Stelle potrebbero chiedere a Mattarella di allungare il mandato esplorativo affidato al presidente della Camera per poter permettere al Pd di affrontare tutti i passaggi interni che consentano di arrivare a una decisione. Tempo che i Cinque Stelle potrebbero utilizzare per una sorta di sondaggio lampo tra gli elettori che consenta di valutare, senza l’approssimazione fornita dalle reazioni social, l’indice di gradimento di un accordo di governo con gli ex avversari.