M5S-Pd, Martina: “Scelta difficile, serve tutto il Pd”. Toninelli: “Ma non rinunciamo a Di Maio premier”

di ALBERTO CUSTODERO e CARMINE SAVIANO

ROMA – “Prego tutti di discuterne e rifletterci avendo sempre a cuore l’unità del Pd e della nostra comunità. Ragioniamoci insieme. C’è davvero bisogno di tutto il Pd”. Maurizio Martina lancia oggi un appello all’unità. Ma cosa ha spinto il segretario reggente del Partito democratico a postare questo messaggio su Facebook nel pieno della trattativa con il M5s per la formazione di un governo? Martina è cosciente che non può fare nessun passo se è contrario Matteo Renzi, che – almeno sulla carta – ha ancora il controllo della maggioranza dei dem. E sa che non può fare una trattativa così delicata senza il suo predecessore. Quindi cerca con lui una collaborazione, quasi una alleanza, una sponda. In questi giorni, del resto, molte voci all’interno del partito avevano chiesto un ‘ritorno’ di Renzi. Martina aveva sempre invocato la ‘collegialità’ delle decisioni. Poi, però – a dire dei renziani – faceva di testa sua. Martina in sostanza rappresenta tutti quelli che nel partito sostengono la tesi dell’accordo con il M5s motivandolo con il pericolo per il Paese di un governo grillini-leghisti. Strada, questa, che non farebbe i conti con l’elettorato dem.

Ora, avendo intuito l’aria che tira, e in vista della riunione della Direzione fissata per il 3 maggio, Martina invoca un partito “unito”. Va precisato che il 3 maggio la Direzione dem dovrà decidere se sedersi o meno al tavolo per parlare con il M5s. Non necessariamente dovrà decidere se raggiungere un accordo. Nessuno all’interno del partito, del resto, ha mai pensato, avendolo chiesto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, di non sedersi al tavolo con i 5 Stelle soprattutto dopo che questi hanno garantito di aver chiuso il ‘forno’ con la Lega. Resta da vedere cosa succederà dopo il voto in Friuli Venezia Giulia. Se la Lega – come indicherebbero le previsioni – vincerà con distacco su Fi, potrebbe esserci un rilancio di Salvini con i grillini chiedendo a Berlusconi un passo di lato, magari relegandolo a un ruolo ‘tecnico’. Visto che la risposta alle trattative Pd-M5s dovrà arrivare entro il 9 maggio, resta difficile pensare che saranno indette nuove elezioni entro giugno. Pare certo che si scavallerà l’estate. Sembra poco probabile pure un ritorno al voto in autunno visto che non converrebbe né a Berlusconi, né ai 5 Stelle (che risulterebbero di nuovo il partito che vince ma che non può governare), né al Pd. Forse l’unico che uscirebbe rafforzato sarebbe proprio Salvini che, però, ora si trova spiazzato dalla chiusura di Di Maio nei suoi confronti.

Martina attacca intanto Matteo Salvini: “Siamo arrivati a questo dopo 50 giorni di caos, tira e molla e veleni tra le forze che il 4 marzo hanno prevalso. Salvini e soci che cercano di fare la morale dovrebbero solo tacere ora. Nessuno dimentica gli scontri che ci hanno diviso in questi anni dal movimento Cinque Stelle. Siamo stati e continueremo ad essere esperienze profondamente diverse, alternative su molti fronti. Personalmente ritengo che sia nostro dovere confrontarsi, rilanciando la sfida. Andando a vedere il merito di una possibile agenda d’impegni. Non farlo rischia in qualche modo di contribuire all’involuzione del nostro Paese anche sullo scenario europeo”.

• TRATTATIVA PD-M5S: LA PAROLA CHIAVE È “PROGRAMMA”
Movimento Cinque Stelle e buona parte del Partito democratico pronunciano la parola programma come un mantra, come la formula magica in grado di avviare la trattativa, di compiere il primo passo per dare un governo al Paese. E “programma” risuona anche nel dialogo a (breve) distanza che il capogruppo dei 5S al Senato, Danilo Toninelli e il ministro della Giustizia Andrea Orlando hanno avuto su Circo Massimo, la trasmissione condotta da Massimo Giannini su Radio Capital.

Questione di metodo. E al programma ci si arriva con un metodo condiviso. Lo spiega Toninelli: “Vogliamo realizzare un contratto di governo, sul modello tedesco. Aspettiamo la direzione del Pd. Se verranno al tavolo con noi cercheremo di scrivere nel dettaglio tutti i termini delle misure da realizzare”. Orlando apre, ma senza fughe in avanti: “Mi auguro che il tavolo ci sia: sottrarsi alla richiesta di Mattarella sarebbe da irresponsabili. Poi sconta l’accordo sui temi: non è detto che debba esserci. Noi lo accetteremo solo se si fanno gli interessi del Paese”.

Governo, Toninelli (M5S): “Accordo con Pd serio, ma non rinunciamo a Di Maio premier”

I malumori. C’è da superare il malcontento dei due mondi: di quello grillino abituato a identificare il Pd con l’antro dell’inferno politico. E di quello dem che negli ultimi anni ha percepito come offese “etiche” gli attacchi dei Cinque Stelle. Toninelli è ottimista: “Si supera tutto con il metodo. Noi non rinneghiamo le nostra battaglie. Pensiamo solo che i cittadini sono molto più pragmatici: vogliono solo un miglioramento della qualità della vita”. Per Orlando i malumori all’interno del Pd vanno superati chiarificando la prospettiva politica: “Cerchiamo un accordo programmatico o andiamo diritti alle elezioni? Perché lo scenario è questo, non credo che il presidente Mattarella mandi alle Camere un governo senza maggioranza. Anzi: potremmo coinvolgere la base con un referendum aperto non solo agli iscritti ma a tutti gli elettori democratici”.

Resta invece pessimista il dem Ettore Rosato. “Penso che Lega e M5s abbiano un’intesa solida – dichiara il vicepresidente della Camera – e che il resto sia soltanto una perdita di tempo. Penso anche che Di Maio e Salvini tireranno di nuovo fuori gli anelli di fidanzamento”. Sulla possibilità di aprire un confronto con il M5s, ha precisato: “Condivido le precondizioni stabilite dal Partito: i Cinquestelle considerino chiuso il dialogo con la Lega. Secondo, considerino la stagione delle riforme del Pd un elemento positivo per questo Paese. Se ciò non fosse, per noi non sarebbe possibile fare una trattativa con loro”.

Governo, Orlando (Pd): “Mi auguro che si vada al tavolo M5S, se fallisce probabile voto”

I leader. Infine le due leadership “ingombranti” che sono fattori decisivi nelle relazioni politiche tra M5S e Pd. “Di Maio premier condizione irrinunciabile? Non per noi ma per quanto accaduto il 4 marzo. Non sarebbe accettato dai nostri elettori un governo del M5S che non abbia Di Maio premier”. Dice Toninelli. Mentre Orlando non dà consigli a Renzi: “Deve ritirare le dimissioni? Sono il meno titolato a parlare di cosa deve fare Renzi, mi sono candidato contro di lui alle primarie”.

IL DIBATTITO TRA DEM E CINQUE STELLE
Tra le prime a intervenire la vicepresidente del Senato, la grillina Paola Taverna. Ottimista: “Questo è un nuovo momento politico.Siamo impegnati a fare il meglio per il paese. Ci stiamo rivolgendo al Pd in maniera seria. Pensiamo al futuro. Berlusconi non è un interlocutore per un governo di cambiamento. Ha avuto il suo momento politico. Ma oggi abbiamo scelto altri inter locutori, prima la lega e ora il Pd”. Non nasconde invece complessità – ma rest di fondo fiducioso – il presidente dell’Emilia Romagna, il dem Stefano Bonaccini: ” La vedo molto complicata, ma credo sia giusto mettere in campo le nostre idee e le nostra proposte, con grande dignità e a testa alta”.

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