L’agenda di Mattarella
Il sogno dei Cinque stelle di prendere in mano il Paese svanisce definitivamente in Friuli, regione di gente tosta che non si è fatta prendere per il naso da Di Maio e dalla sua banda di disoccupati.
Il risultato delle elezioni per il rinnovo del governo locale non lascia spazio a equivoci. Così come è successo alle elezioni politiche e nei giorni scorsi in Molise, stravince il centrodestra unito. I Cinque stelle si fanno scavalcare anche dal Pd e finiscono in coda nella classifica dei partiti più votati. Fine dei giochi truccati. Se governo nazionale sarà dovrà essere a trazione centrodestra, perché come si dice, tre indizi fanno una prova. E perché Matteo Renzi l’altra sera in tv da Fazio è stato chiaro: nessuna alleanza del Pd con i grillini, perché non si può trattare con chi ha sostenuto che «siamo gli assassini degli italiani».
Archiviato il caso – più mediatico che politico – di Di Maio premier a tutti i costi, ora si può tornare a parlare di cose serie. La pazienza del presidente Mattarella è stata messa a dura prova dal dilettantismo e dall’arroganza dei grillini oltre che dall’ambiguità del Pd vista prima del pronunciamento, per altro scontato, di Renzi. Ma perso per perso, il Quirinale dovrebbe ora, a ragion di logica, permettere di verificare l’ipotesi di un governo a guida centrodestra, l’unica ancora non esplorata nonostante parliamo della prima, dopo il Friuli consolidata, forza politica. Non farlo aprirebbe il dubbio che il Colle abbia un pregiudizio politico più duro della realtà e della volontà degli elettori.
Non è detto che un tentativo del genere vada sicuramente in porto, ma se è stata data la possibilità a Di Maio a Fico e a tale Martina non si capisce perché no a Salvini, Berlusconi e Meloni. Saltare questo passaggio e andare diritti a un esecutivo del presidente (una sorta di Monti bis per intenderci) vorrebbe dire continuare la sciagurata stagione dei governi non eletti inaugurata da Napolitano, governi che sono stati la causa della crisi economica e il viatico che ha fatto ingrassare il grillismo. A tornare a votare – non a giugno come suggerisce Di Maio, ignorante pure sulle leggi in materia – si fa sempre in tempo ma chi l’ha detto che il Parlamento, smaltita la sbornia post elettorale, non trovi un suo equilibrio su un progetto serio e politicamente coerente?
IL GIORNALE