Governo, Salvini riallaccia i contatti con Di Maio. Ora il centrodestra rischia lo strappo

Il weekend piu lungo della crisi. I giorni in cui si giocano le sorti del governo. E in cui si capirà se il Paese sarà guidato da un esecutivo «di transito» verso le elezioni sull’asse centrodestra-5 Stelle. Da un «governo di tregua», con una guida indicata dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Oppure da un «governo salvagente» — così lo chiamano i leghisti — basato soltanto sui 5 Stelle e la sola Lega. Il problema è che la seconda ipotesi, quella del governo di tregua, vedrebbe — e forse vedrà — la definitiva esplosione del centrodestra, che qualche leghista ha già cominciato a chiamare «l’alleanza che non c’è». Perché ciò che Matteo Salvini non può accettare è il ritrovarsi inchiodato a un governo di responsabilità nazionale, non ostile a «questa» Unione Europea e per giunta con i 5 Stelle a fare fuoco e fiamme dall’opposizione. E allora, il segretario leghista nel fine settimana dovrà capire se è possibile che i 5 Stelle, su un programma accuratamente messo nero su bianco e rigorosamente a termine, siano disposti a sostenere un governo che dovrebbe comunque avere una trazione di centrodestra. Questa è la proposta che Salvini ieri ha annunciato pubblicamente. Nessuno è disposto a scommetterci troppo, ma il fatto che il capo dei senatori stellati Danilo Toninelli abbia già detto il suo no a «governi balneari», non scalfisce Salvini: «Io credo che con i 5 stelle una soluzione la troveremo».

L’ottimismo potrebbe dipendere dai suoi contatti con Luigi Di Maio, che sono ripresi fittissimi. Ma il problema, per i leghisti, ha un nome e un cognome, Silvio Berlusconi. I salviniani sono convinti che il Cavaliere, ostile a elezioni troppo ravvicinate, possa dare il suo via libera al governo di tregua. I leghisti già dipingono la scena: «Al Colle, Berlusconi sarà il primo a proporre Salvini premier. Mattarella, a quel punto, chiederà: “Con quali numeri?”. E proporrà un altro nome». Quello, come da tempo ripete Salvini, «arrivato via fax da Bruxelles». In Lega la convinzione è che Sergio Mattarella abbia già una maggioranza pronta, «non fosse altro perché altrimenti non avrebbe proposto il governo di tregua». La verità, annota un deputato, «è che l’unico partito che davvero non ha paura del voto è soltanto la Lega». Anche qui, i salviniani fanno le loro profezie e provano a immaginare che cosa accadrà: «Il percorso della fiducia parte dal Senato. Sulla carta, i voti mancanti sono parecchi. Ma la maggioranza sarà sui presenti, non sugli eletti». Questo significa che le assenze nel giorno della fiducia — che i leghisti dicono di attendersi — , «equivarranno a un voto a favore del governo».

Ma chi mettono nella possibile maggioranza, oltre al Pd e a Forza Italia? Il gruppo Misto, quello per le Autonomie, un certo numero di stellati e neppure escludono, persino, «qualche leghista». Più, appunto, i mancanti dall’Aula: «Assenza come responsabilità» scherza un salviniano osservante: «Ma la responsabilità è contagiosa e, superato il primo e più duro scoglio, il governo sarebbe votato anche alla Camera». Con l’incubo più nero: «A quel punto, durerebbe 5 anni. A dare tempo, altri voti si aggiungeranno». Per questo il leghista anonimo chiama la possibile maggioranza Lega-5 Stelle, l’ipotesi non detta, come il «governo salvagente»: «Avrebbe una scadenza, si potrebbe cambiare la legge elettorale e consentirebbe di evitare agli italiani sia l’aumento dell’Iva che quello delle tasse». Salvini, su questo, ieri ci ha battuto: «Il tutto, rimanendo nell’ambito delle regole europee. Si può fare». E così, il summit del centrodestra che si terrà nelle prossime ore si annuncia tutt’altro che una passeggiata: «Perché Berlusconi — conclude il leghista — con la certezza dei numeri a salutarci non ci metterebbe un istante. Come nel 2011».

CORRIERE.IT

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