Luigi precipita nei sondaggi ma non chiude alla Lega
Mentre ancora si annaspa nella vana ricerca di un premier, si scopre che il Movimento grillino ha un capo politico a rischio licenziamento.
I segnali sono tanti. A iniziare dal gradimento degli elettori. L’Ipsos di Nando Pagnoncelli ha effettuato un sondaggio, pubblicato ieri dal Corriere della Sera, dal quale si evince che l’«uomo nuovo» non è più così gradito. Anzi. Prima del voto in Friuli-Venezia Giulia e in Molise Di Maio era il leader più apprezzato (con il 45%) davanti a Salvini e al premier Gentiloni. Adesso il podio è radicalmente mutato. Salvini domina salendo di un solo punto (da 43 a 44%). Di due punti sale Gentiloni (da 41 a 43%). L’unico a scendere è Di Maio. Il leader grillino è quasi in caduta libera. Passa dal 45 al 37%.
Gli elettori, insomma, non gli perdonano il fiasco ottenuto dalle manovre dei due forni. La caduta nei consensi e il fallimento delle trattative per il primo governo della XVIII legislatura pesano come macigni nel curriculum politico del giovane Di Maio. Che ora si sente anche più solo dopo che sia Grillo da un lato che l’economista Giacinto della Cananea dall’altra hanno sconfessato la linea del «capo». Grillo ha infatti costretto Di Maio a un distinguo sul referendum sull’euro. Per non parlare poi di della Cananea che, intervistato dalla Stampa, sconfessa l’altra tesi forte di questi giorni: il ritorno al voto. Inutile, spiega l’economista gradito ai grillini «interrompere la legislatura adesso. Sarebbe una scommessa pericolosa». «Serve l’arte del compromesso», spiega, soprattutto quando ci si trova in presenza di una legge elettorale come il Rosatellum.
Insomma Di Maio ora non è più libero di rappresentare il volto «istituzionale» e rassicurante del movimento perché i partigiani di Grillo storceranno il naso con il suo distinguo sull’euro. Però non può fare nemmeno il barricadero perché l’economista di fiducia gli sussurra un inequivocabile niet sul versante del ritorno alle urne. Un’impasse questa che potrebbe costare cara a Di Maio. Va a finire che anche il leader politico del Movimento sarà costretto a ricorrere alla conta. Per verificare se la sua linea sia ancora spendibile. Insomma per accertarsi di avere una maggioranza (almeno interna al Movimento). Tra questi figurano sicuramente il deputato Riccardo Fraccaro (che vede complotti dovunque ai danni del Movimento, anche nelle stanze del Quirinale), il capogruppo al Senato Danilo Toninelli e il suo collega Vito Crimi. Toninelli, a esempio, si prende la briga di rigettare l’ultimo appello di Salvini. «Meglio votare, pur con il Rosatellum». Anche Crimi difende la linea del «leader politico» e respinge l’ipotesi del governo tecnico, e su Salvini dice «arriva in ritardo, ma è da valutare per capire». Insomma tutta l’armata dei grillini in linea con Di Maio si ritrovano sul punto essenziale: senza un governo politico con i Cinque Stelle alla guida, si deve tornare alle urne. Fattore questo per nulla auspicabile non solo perché i rapporti di forza tra i partiti potrebbero non cambiare anche con un nuovo voto, ma perché il Movimento potrebbe scegliere un nuovo leader. E il pensiero (malizioso) corre subito ad Alessandro Di Battista, che invece di partire per l’America come previsto (e come promesso), è rimasto accanto al gruppo dirigente per affrontare questo ennesimo banco di prova.
IL GIORNALE