Di Maio: “Sfido la Lega nelle urne”. Ma è pronto il patto post-elezioni

Ilario lombardo
roma

Il pensiero è già rivolto a dopo. Alla campagna elettorale, alle elezioni, a quando le urne con molta probabilità sanciranno che non ci sarà comunque una maggioranza, e si getteranno le basi per un paradosso: l’unico avversario che secondo Luigi Di Maio avrà il M5S in campagna elettorale, la Lega, potrebbe essere il futuro naturale alleato di governo. Quello che non si è avverato ora, potrebbe avverarsi domani. Prima, però, bisogna liquidare le liturgie dell’attesa, sperando che il malcontento interno al M5S per il voto anticipato non travolga le certezze del capo politico.

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Da quanto si apprende, Di Maio avrebbe risposto di no anche alla possibilità di astenersi, sondata dal presidente della Repubblica, durante la fiducia al «governo neutrale». «Oggi inizia la campagna elettorale» ha annunciato Di Maio tra gli applausi dei parlamentari riuniti in serata. I sorrisi hanno nascosto i musi lunghi dei tanti che vorrebbero evitare di tornare a elezioni. Non tanto per la paura di non essere ricandidati, perché, promette Di Maio, «saranno ripresentate le stesse liste» e Beppe Grillo dirà di sì. Quanto per il rischio di non essere abbastanza garantiti dal posto in lista, Nelle regioni settentrionali si teme l’avanzata di Matteo Salvini. A Sud, l’astensione, molto più probabile nei mesi estivi.Per questo Di Maio è già pronto a lanciare, per il prossimo mese, la campagna del Nord, nel tentativo di strappare alla Lega più consenso possibile. Con un obiettivo preciso: «Conquistare il centro moderato che votava Berlusconi e non vuole votare Salvini». I grillini sono convinti che il centrodestra si presenterà ancora una volta unito alle elezioni, ma con rapporti di forza capovolti. Gli strateghi del successo del 4 marzo, sono già al lavoro. L’idea è di mantenere «un profilo da Dc conquistato in questi due mesi», restare trasversali e mutevoli, contando sui timori che suscita Salvini, vivi in un certo elettorato di sinistra al Sud, e conservatore, ma con radici nel Partito popolare europeo, al Nord.

La speranza è di prosciugare il bacino di Pd e Forza Italia, puntando sull’astensione dei loro sostenitori se si andrà a votare a luglio. Due sondaggi commissionati dallo staff mettono di buonumore Di Maio. Uno li dà attualmente al 35%. Un altro ruota attorno a una domanda: chi preferireste tra Di Maio e chi invece non ha permesso la nascita del governo, cioè Berlusconi e Matteo Renzi? Risultato: il M5S sarebbe al 40%. Anche lo slogan della campagna, già pronto, sarà personalizzato sulla sfida tra il nuovo mondo e il vecchio, su chi è stato responsabile e chi ha fatto naufragare gli accordi. E tutto fa pensare che Salvini non farà parte della stessa categoria di Berlusconi e Renzi.  «Sarà un ballottaggio tra noi e la Lega» assicura Di Maio. Ma non tutti sono convinti. «Qual è la nostra proposta di governo se sarà di nuovo stallo?» ha chiesto il senatore Francesco Castiello. Quello che non può dire Di Maio è quello che hanno concordato con Salvini e Giancarlo Giorgetti: «Se torniamo a votare Berlusconi si pentirà di aver detto di no. Scenderà sotto il 10% e comanderemo noi».

È la stessa scommessa del M5S: «Ci sarà un effetto onda che spazzerà via Berlusconi, e ci divertiremo..». Meglio votare il prima possibile, però. I grillini hanno detto anche a Mattarella che sarebbe fattibile il 24 giugno, in concomitanza con il secondo turno delle amministrative. Basterebbe un decreto, che comunque chiederanno al governo elettorale. Intanto hanno scelto assieme alla Lega una data, l’8 luglio e l’hanno comunicata in contemporanea. Per mettere paura a Berlusconi e al Pd, e per bruciare ogni altro appuntamento. Hanno i numeri per farlo. Lo hanno deciso in un incontro che dal M5S definiscono «un po’ freddo», nell’ufficio di Giorgetti, dove Di Maio ha accusato Salvini: «A forza di ripetermi “dammi tempo” mi hai fatto perdere due mesi. Non ho mai capito il motivo che ti tiene legato mani e piedi a Berlusconi». Eppure i 5 Stelle, spiegano, erano pronti a tutto: al passo indietro di Di Maio, ad accettare la staffetta a Palazzo Chigi proposta dai leghisti, a lasciare la premiership a uno tra Salvini e Giorgetti. «Non è per questioni di finanziamenti, come hai detto tu – è stata la risposta di Salvini – Al Nord governiamo troppe realtà in comune…»

LA STAMPA

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