Alle 17 scade l’ultimatum, poi Mattarella darà l’incarico per il suo governo neutrale
Il Presidente aspetterà fino a metà pomeriggio. Poi darà uno sguardo alla pendola dietro la scrivania e, se nulla sarà successo, verso le cinque conferirà l’incarico per il «suo» governo. Come premier, Sergio Mattarella ha in mente un nome su cui i collaboratori più stretti sono riusciti finora a mantenere il segreto. L’incaricata (o incaricato) scioglierà in fretta la riserva, probabilmente sabato mattina prima che il Capo dello Stato si rechi a Dogliani per celebrare (quando si dice il caso) un grande predecessore, Luigi Einaudi. A sentire i frequentatori del Colle, la lista dei ministri è già sostanzialmente pronta, ma poi bisogna vedere se i papabili accetteranno un mandato che potrebbe essere piuttosto breve, giusto il tempo di accompagnare l’Italia a un voto-bis. Dobbiamo aspettarci numerose donne e personaggi che, assicurano lassù, fisseranno uno standard per i futuri governi. Mattarella vuole ben figurare e, soprattutto, complicare la vita a quanti voteranno contro la sua «creatura», la settimana prossima in Parlamento.
Se stamane, invece, accadranno fatti nuovi, Mattarella sarà felicissimo (assicurano le solite fonti) di sospendere il conto alla rovescia. Non ci sarà bisogno di particolari formalità. In questi casi basta una telefonata al segretario generale, Ugo Zampetti, seguita magari da una pubblica dichiarazione di Luigi Di Maio e Matteo Salvini che dica: «L’accordo è fatto». Oppure «ci siamo vicini per davvero», nel qual caso potrebbe essere concessa una dilazione di 24 ore. Ma non sembra probabile. Alle antenne del Quirinale sono giunti ieri sera segnali discordanti; qualcuno annunciava la resa del Cav e altri che Berlusconi avrebbe resistito fino alla morte. E comunque, restava da sciogliere il nodo del premier: a chi sarebbe toccato tra Cinque stelle e Lega?
Sono, se ci si bada, gli stessi interrogativi di due mesi fa; la vera unica differenza è che nel pomeriggio scade il termine presidenziale e, in assenza di svolte decisive, partirà il treno del governo «di servizio», come Mattarella l’ha definito l’altra sera. L’accoglienza dei partiti non è stata fin qui fantastica; addirittura ieri Giorgia Meloni ha dato a Mattarella su Twitter del golpista, epiteto che con l’arbitro forse è meglio evitare. A proposito di arbitri: ricevendo al Quirinale la Juventus e il Milan, il presidente non si è negato una battuta con i «fischietti». «Saluto gli arbitri, miei colleghi», ha detto con un’aggiunta che si capisce dove va a parare: «Possono condurre bene la partita se hanno un certo aiuto di correttezza dai giocatori».
Partiti al bivio
Tutto fa ritenere che, nel dibattito in Parlamento, grillini e destre bocceranno l’esecutivo del Presidente. A quel punto, tempo poche ore, Mattarella firmerà il decreto di scioglimento. Leggi e regolamenti alla mano, la prima data utile per elezioni bis cadrà il 22 luglio, con milioni di italiani in vacanza e altri milioni che preferiranno la domenica al mare. Per i partiti, nessuno escluso, un rischio e un azzardo. Tuttavia a Mattarella non sarà consentito spostare il voto a settembre se il Parlamento non glielo chiederà espressamente. Per esempio con una mozione sottoscritta da tutti i partiti. Oppure attraverso qualche forma di sostegno indiretto al governo presidenziale, che permetta almeno di superare agosto. Posti davanti al dilemma tra elezioni in piena estate e un’astensione «tecnica», è possibile che quanti oggi gridano «al voto al voto» si acconcino a preferire la seconda strada.
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