Padoan dice “no” al decreto sull’Iva. Senza governo aumenti più vicini

Roma – Niente decreto per disinnescare l’aumento dell’Iva. Secondo Pier Carlo Padoan la soluzione al principale nodo di politica economica di questi mesi (e uno dei temi più sentiti dagli italiani) si può rinviare alla legge di Bilancio.

La conferma dell’indisponibilità del governo in carica a disinnescare la trappola fiscale del 2019 (aumento dell’aliquota agevolata dal 10 all 11,5% e quella ordinaria dal 22 al 24,2%) è arrivata ieri durante le prime audizioni del governo sul Def alle commissioni speciali di Camera e Senato. Per disinnescare l’Iva «non c’è assolutamente bisogno di fare un provvedimento d’urgenza», ha spiegato il ministro dell’Economia. Valgono i precedenti: «Come già avvenuto negli anni scorsi il rialzo dell’Iva può essere evitato e il gettito atteso può essere sostituito da misure alternative mediante futuri interventi legislativi, per esempio con la legge di Bilancio per il 2019».

Peccato che nel Def stilato dal suo dicastero e spedito alla Commissione europea ci sia la previsione delle entrate extra che porterà l’aumento Iva. Entrate certe e gradite dalla Commissione europea. Il prossimo governo, insomma, dovrà fare uno sforzo maggiore rispetto al trovare le coperture per fare digerire a Bruxelles un cambio di passo così importante.

Non a caso ieri l’Iva è stata al centro dello scontro politico. I deputati del M5S hanno polemizzato con Padoan sostenendo ancora la strada di un decreto sul quale «c’è un’intesa di fondo tra i partiti».

Poco prima Francesco Boccia aveva proposto una «risoluzione unitaria in cui si ribadisce la necessità di evitare l’aumento dell’Iva». Il M5S ha dato la sua disponibilità.

La risoluzione unitaria, insomma, è a portata di mano e sarebbe sostenuta anche da partiti molto distanti tra loro. Unico problema, le risoluzioni, comprese quelle che accompagnano il Def, sono atti di indirizzo, non leggi e quindi non cambiano nulla.

Per disinnescare l’aumento dell’Iva serve un governo con piene funzioni. Quello Gentiloni è in carica solo per gli affari correnti e comunque non vuole fare il decreto.

Da qui il pressing di chi anche ieri sosteneva la necessità di un governo che traghetti il paese verso le elezioni prendendo le decisioni più importanti, come l’aumento dell’Iva.

Lo stesso Padoan ha indicato altri effetti negativi sull’economia della crisi. «Il prolungarsi dell’incertezza» del quadro politico italiano è «potenzialmente in grado di frenare la ripartenza degli investimenti», ha spiegato.

Sul fronte dei conti pubblici, tutto tranquillo. «Sono stati messi in sicurezza» e «a legislazione vigente questa tendenza è assicurata», ha assicurato Padoan. «dal 2014 l’economia italiana cresce ininterrottamente: nei primi tre mesi del 2018 il Pil è cresciuto per il 15 esimo trimestre consecutivo».

Dichiarazioni cadute nel giorno in cui i mercati finanziari, e in particolare la Borsa Italia, hanno registrato importanti perdite. L’ottimismo del ministro Pd non è piaciuto al centrodestra. «Fatichiamo a comprenderlo», ha spiegato Renato Brunetta di Forza Italia. «I mercati hanno cominciato a prezzare il rischio Italia, legato alla paura di nuove elezioni che si profilano all’orizzonte per effetto dello stallo politico che si è venuto a creare in seguito alla difficoltà di creare un nuovo Governo dopo il terzo round di consultazioni. Lo spread tra Btp e Bund tedeschi è schizzato ad oltre 130 punti base, con un aumento di 8 punti nella sola giornata di oggi». L’aumento dell’Iva non è l’unico rischio che corre il Paese.

IL GIORNALE

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