La resa avvelenata di Berlusconi: si tiene le mani libere e punta a condizionare le nomine

Amedeo La Mattina
roma

È un via libera avvelenato quello che ieri sera Silvio Berlusconi ha dato a Matteo Salvini per formare un governo con Luigi Di Maio. L’ex Cavaliere alla fine ha dovuto ingoiare il boccone amaro, cercando di addolcirlo.

 Nelle dichiarazioni degli azzurri si sottolinea il senso di responsabilità del loro leader che avrebbe anteposto l’interesse del Paese a quelli del suo partito. «Un gesto da statista – dice la capogruppo Mariastella Gelmni – per tentare di salvare l’Italia da una stagione di irresponsabilità, un gesto di lungimiranza istituzionale». E Osvaldo Napoli si spinge a dire che l’ex premier «è sempre al centro delle decisioni». È anche vero che l’ex premier ha capito che i due giovani leader che vogliono sposarsi già litigano per chi farà il premier e sul numero dei ministeri da dividersi. E quindi ha inserito una postilla velenosa nel suo comunicato diffuso in serata da Arcore: se non riusciranno a far nascere un governo, «nessuno potrà usarci come alibi di fronte all’incapacità – o all’impossibilità oggettiva – di trovare accordi fra forze politiche molto diverse». Intanto nessuna fiducia, mani libere, «poi si vedrà», dicono nella cerchia stretta di Berlusconi che vuole vedere come riusciranno a cavarsela Matteo e Luigi. Nessuna fiducia che può voler dire astensione o addirittura votare contro.</

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Tutto dipende da che tipo di governo grillini e leghisti vogliono o sono in grado di fare. Una cosa è che il presidente del Consiglio sia Di Maio, un’altra Salvini o Giorgetti che gli danno più garanzie. E se fosse una figura terza? «Bisogna capire di chi si tratta», rispondono da Arcore. Ovviamente c’è dell’altro e di più. Per modulare la sua astensione o opposizione «benevola» (il copyright è del governatore ligure Giovanni Toti), Berlusconi vuole capire se potrà mettere becco sulla montagna di nomine che dovranno essere fatte nelle società pubbliche, Rai compresa, quanti e quali presidenze di commissioni parlamentari andranno a Forza Italia. Oltre naturalmente alla garanzia che non verranno adottati provvedimenti anti-Mediaset. Insomma ha un prezzo il via libera a Salvini, senza rompere il centrodestra come (a parte invertire) era successo per i governi Monti e Letta. «Meglio stare fuori e guardare cosa combinano», dice Berlusconi. Il quale ha riflettuto molto ma sempre con quella pistola carica che Salvini gli ha messo sul tavolo: le elezioni a luglio. Il suo ragionamento è stato questo: se andiamo in estate 5 Stelle e Lega accresceranno i loro voti e alla fine faranno insieme il governo in ogni caso ma con più parlamentari e con Forza Italia magari ancora più indebolita. Allora tanto vale evitare le urne e vedere, restando in una sorta di opposizione come una spina nel fianco.

 

Del resto Berlusconi ha dovuto rispondere anche alle pressioni che sono venute dai suoi parlamentari che non vogliono tornare a votare con il rischio di non essere più rieletti. Poi ci sono state chiamate le chiamate dall’estero, dalle cancellerie europee, da broker, fondi di investimento, dai vertici del Ppe. Tutti a chiedere cosa sta accadendo, se veramente sta nascendo in Italia il governo dei populisti. C’è chi glielo chiede per capire se investire nel nostro Paese o se i capitali già investiti sono a rischio. Poi c’è chi si preoccupa della linea filo Putin di Salvini e del pericolo di avvicinare il nostro Paese a quelli di Visegrad guidati dal premier ungherese Orban.

 

A tutti Berlusconi ha risposto che farà di tutto per evitare danni all’Italia e all’Europa, ma precisando pure che i suoi voti in Parlamento sono quelli che sono: non certo tanti e tali da poter condizionare una deriva di questo genere. «Io sono contro i governi dei populisti, ma gli italiani hanno sbagliato a votare. Io – ha aggiunto – posso evitare il danno fino a un certo punto. Intanto vediamo se ci riescono a fare un governo».

 

Dopo decine e decine di telefonate e colloqui ad Arcore, l’ex Cavaliere ha fatto una scelta solitaria. Destinata a segnare la sua lunga avventura politica, iniziata nel 1994 con quel messaggio televisivo preregistrato di 9 minuti.

LA STAMPA

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