Si lavora a un premier “terzo”: in pole Giorgetti e Giovannini
Troppo presto per fare nomi anche in via ufficiosa. Sarebbe uno sgarbo nei confronti del presidente della Repubblica.
La Costituzione affida al Capo dello Stato la nomina di premier e, su proposta di quest’ultimo, quella dei ministri. La prassi va oltre. Il Quirinale negli ultimi anni ha avuto un peso determinante nelle nomine dei responsabili dei singoli dicasteri. Impossibile quindi stilare la lista dei componenti del governo. Nemmeno i due registi di questa fase, il leader della Lega Matteo Salvini e quello dei M5s Luigi Di Maio, possono permetterselo.
Ma dentro i due partiti e in Parlamento già ieri circolavano nomi di papabili e poltrone da assegnare. A partire da quella del premier, anche se è la più incerta. Giancarlo Giorgetti ieri era ancora quotato, ma con meno entusiasmo rispetto ai giorni scorsi.
A suo sfavore anche l’ipotesi circolata ieri di riservare a Salvini e Di Maio il ruolo di vice premier e quindi garanti della maggioranza politica.
Il nome nuovo di questa fase molto preliminare è quello di Enrico Giovannini. Tirato in ballo come candidato di Sergio Mattarella, ma anche come possibile compromesso tra Lega e M5s. Ex ministro del Lavoro del governo di Enrico Letta e presidente dell’Istat, ha portato in Italia un indice economico alternativo al Pil, che piace ai pentastellati, il Bes, benessere equo e sostenibile.
Per i dicasteri, i nomi che stanno circolando sono tutti politici. Candidati in grado di tradurre in policy i programmi dei partiti di appartenenza. Per i pentastellati il fedelissimo di Di Maio, Alfonso Bonafede. Che però non andrebbe alla Giustizia, come aveva previsto il leader M5s. Per il dicastero di via Arenula ieri erano in corsa Giulia Bongiorno (che è stata tirata in ballo anche come possibile premier nei giorni scorsi e potrebbe riemergere), ma anche Nicola Molteni, esponente del Carroccio. Entrambi ben visti dal M5s.
Sempre per i pentastellati è in corsa Lorenzo Fioramonti, teorico della decrescita felice e professore universitario. Di Maio lo voleva allo Sviluppo economico. Ma questa poltrona fa gola anche Claudio Borghi, esponente di punta della Lega.
Della vecchia lista dei ministri pentastellati resistono Riccardo Fraccaro, Domenico Fioravanti, Pasquale Tridico. Quest’ultimo per il ministero del Lavoro, con l’obiettivo di ripristinare l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Poi Andrea Roventini, che Di Maio voleva al ministero dell’Economia, ma nei giorni scorsi si è sbilanciato a favore dell’alleanza con il Pd, poi tramontata. Comunque troppo di sinistra per la Lega. Il dicastero dell’Economia resta il più difficile da assegnare. Ieri si continuava a ipotizzare che potesse toccare a Forza Italia indicare un esterno affidabile per il dicastero di via XX settembre. Ma è più probabile che Silvio Berlusconi chieda garanzie sull’Europa, l’Euro e una politica economica responsabile rispetto a una poltrona, sia pure quella di via XX settembre.
Tra i nomi che ieri ricorrevano più spesso, quello di Armando Siri, economista e giornalista della Lega che si è battuto per la flat tax. Un punto qualificante del programma del partito che Salvini vuole sia garantito e accompagnato nella sua attuazione.
IL GIORNALE