Macron: “L’Europa non si divida. Dall’Italia campanelli d’allarme”

leonardo martinelli
parigi

Ha parlato a una platea di europei eccellenti, nel municipio di Aquisgrana, un tempo capitale dell’impero carolingio: lì, a Emmanuel Macron è stato consegnato ieri il premio Carlo Magno, proprio per il suo impegno proeuropeo. Ma in realtà il presidente francese parlava soprattutto ad Angela Merkel, che lo ascoltava concentrata, talvolta con imbarazzo. Voleva spiegarle, in maniera a tratti dura o almeno franca, la sua idea d’Europa: per convincerla. E così Macron ha esortato la Germania «a prendere dei rischi» e a rinunciare «ai suoi feticismi sui surplus di bilancio e commerciali». Ha implorato il rilancio dell’Unione, che ha già vissuto alcune esperienze traumatiche, citando espressamente «Brexit ed elezioni italiane».

 Non ha dimenticato, comunque, il suo consueto volontarismo: «Non dividiamoci, malgrado la tentazione sia grande in un periodo confuso come quello attuale, caratterizzato da un nazionalismo che pensa di poter gestire meglio le cose recuperando una sovranità che a livello europeo resta troppo evanescente». «Le divisioni – ha aggiunto – ci spingono all’inazione».

 

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Agire, sì, ma per fare cosa? «Credo a un budget europeo più ambizioso e a una zona euro più integrata, con un bilancio proprio». Il Presidente francese non demorde. Sembra aver rinunciato ai progetti di un superministro europeo delle Finanze e di un Parlamento dell’eurozona, inconcepibili per Berlino.

Ma non all’idea del budget della zona euro, che pure non convince i tedeschi, tanto meno il socialdemocratico Olaf Scholz, ministro delle Finanze in quel governo che la cancelliera è riuscita a costituire solo dopo mesi di faticosa crisi. La Germania ritiene che un budget del genere spingerebbe ancora di più al lassismo i Paesi del Sud Europa. Ma ieri, Macron non l’ha mandata a dire ai tedeschi: «La Germania non può avere un feticismo perpetuo sui surplus di budget e commerciali, anche perché questi si costituiscono a spese degli altri». Più tardi la Merkel ha preso la parola e ha notato che con la Francia «abbiamo discussioni difficili » e «diverse culture politiche e maniere di affrontare i temi europei». Ha promesso qualche passetto «in direzione dell’unione bancaria e del rafforzamento dell’eurozona ». Così prudente e timorosa rispetto al suo giovane collega.

 

L’Italia, anche, ha aleggiato sul discorso di Macron. Ha parlato delle ultime elezioni come di uno dei « campanelli d’allarme » suonati per il destino dell’Unione. E ha rilanciato l’idea di un’Europa a più velocità : «Non possiamo sempre aspettare tutti». Sottinteso: anche gli italiani, se sceglieranno di frenare sulla strada dell’unione, con un governo anti-europeista, dovranno scendere dal vagone di testa. Pure qui le distanze sono forti con la Merkel, che difende la necessità di andare avanti tutti i 27 insieme, giustificando forse in questo modo la paralisi interna che si ritrova a gestire.

 

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Anche Donald Trump e la sua decisione di ritirarsi dall’accordo iraniano sul nucleare hanno aleggiato sul discorso di Macron: «Non siamo deboli – ha detto -, non subiamo! Accetteremo la regola dell’altro o la sua tirannia? Chi deve decidere delle nostre scelte commerciali, quelli che ci minacciano perché queste regole non convengono loro? Abbiamo voluto costruire la pace in Medio Oriente ma altre potenze hanno deciso di non rispettare la parola data. Dobbiamo cedere alla politica del peggio?». Su questo, almeno, la cancelliera acconsentiva. Anzi, ha rincarato la dose, riferendosi «ai conflitti che si combattono ai confini dell’Europa e per i quali gli Stati Uniti non ci difenderanno. L’Unione europea deve prendere il proprio destino nelle sue mani».

LA STAMPA

 

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