Altro che premier terzo
Al termine di una giornata di musi lunghi (tra i leghisti) e un invalicabile muro comunicativo (sia di Lega e M5s), un autorevole dirigente del Carroccio conclude: “La trattativa sul premier è in alto mare…”. Nulla di fatto, ancora oggi. Domani nuovo vertice tra Matteo Salvini e Luigi Di Maio a Milano, preceduto dal tavolo tecnico Lega-M5s. Ma il colpo di scena arriva a sera quando Giorgia Meloni svela il contenuto del suo incontro con Di Maio: “Ha chiesto il sostegno di Fratelli d’Italia ad una premiership sua o di un altro esponente del M5s”. Gelo: gli orologi tornano al punto di partenza. Nessuno sia dalla Lega che dal M5s smentisce, solo risposte generiche ed evasive. Come commenta le parole di Meloni sul suo incontro e sulla premiership? “Avrò modo di chiarire con lei”, si limita a rispondere così Di Maio ai giornalisti.
La versione dei cinquestelle è questa: Di Maio ha sondato Meloni per un appoggio esterno, lei ha rilanciato chiedendo di entrare nel governo e dando una preferenza al ministero della Difesa. A quel punto, il leader 5S ha usato un’iperbole, sottolineando che a quel punto il governo sarebbe troppo sbilanciato a destra e che in questo schema il premier spetterebbe a lui o ad un altro esponente dei cinquestelle. Ne è seguita la nota di Meloni, “stizzita dalla dichiarazione di Di Maio contrario a Fratelli d’Italia nel governo…”, dicono dai cinquestelle.
Siamo in alto mare. Siamo al punto che né la Lega, né il Movimento sono disponibili ad accantonare davvero il sogno di un premier politico. Salvini ci aveva provato proponendo il suo capogruppo alla Camera Giancarlo Giorgetti, subito bocciato dai cinquestelle. Allora è stata intrapresa la via del premier terzo. Del resto, solo domenica scorsa Di Maio ha comunicato ufficialmente la sua disponibilità a un passo indietro. Ma i nomi del premier terzo sono finiti in una girandola senza via d’uscita, dal diplomatico Giampiero Massolo all’attuale segretario generale della Farnesina Elisabetta Belloni. Tutti bruciati, qualcuno ancora in ballo ma senza conclusioni.E allora torna il sogno del premier politico. Sui due leader si fa sentire la pressione di un dibattito pubblico che comincia a chiedersi: come mai due forze politiche forti come la Lega e i cinquestelle non riescono a mettersi d’accordo su un premier politico? Perché affidarsi ad un premier terzo, non eletto? Potrebbe essere un regalo all’opposizione, un cedimento rispetto all’idea iniziale di non appoggiare governi tecnici. Tanto valeva appoggiare un governo del presidente insomma.
E allora Di Maio, parlando con Meloni per verificare la posizione di Fratelli d’Italia sul governo giallo- verde, ci riprova. Rilancia la sua premiership. O quella di un altro esponente del Movimento, azionista di maggioranza di questo eventuale governo con il 32 per cento dei voti contro il 17 per cento della Lega. Meloni dice no ovviamente, ma resta il nodo politico: resuscita dalle sacche di una trattativa che non vede da luce.
Ma naturalmente è una soluzione che non piace ai leghisti. Farebbe saltare in aria le trattative – che pure ci sono – con Silvio Berlusconi per ottenere che l’alleato di centrodestra dia il via libera a questo esecutivo astenendosi. A seconda di chi farà il premier, Forza Italia infatti potrebbe anche votare no, mettendo in difficoltà Salvini.
In casa Lega sanno che Di Maio in fondo ci spera ancora ma non attaccano. Giocano a non prendere per buono quello che ha detto alla Meloni, non vogliono sporcare la trattativa, stretti tra la volontà di far nascere questo governo e le difficoltà che si presentano: sempre più complicate e con la promessa di tante controindicazioni per il futuro.
È sera, Di Maio esce dalla Camera. Più tardi andrà a incontrare Davide Casaleggio e Beppe Grillo, per un vertice di tutto lo stato maggiore 5 stelle nelle ore più calde dei giorni più caldi della storia del Movimento. Poi, in nottata, a fare la valigia. Sabato mattina un treno lo porterà a Milano, dove prima si riuniranno gli sherpa del programma, poi, nel pomeriggio, avverrà un faccia a faccia – il terzo in tre giorni – con Matteo Salvini. Il capo politico del Movimento 5 stelle spande ottimismo. Ma una frase lascia intendere che lo stato dell’arte della trattativa con la Lega non fa intravedere ancora un punto di caduta all’orizzonte: “Se per scrivere bene questo contratto di governo dobbiamo perdere un altro giorno, va bene”.
Intanto in mattinata Casaleggio conferma che il contratto di governo verrà sottoposto agli attivisti tramite la piattaforma Rousseau. E che il voto “sarà determinante”. Gli incontri sul contratto di governo hanno evidenziato punti d’intesa più o meno faticosi e segnali di distanze difficilmente colmabili. Ma rimane il fatto che quel luogo sia deputato ad essere principalmente il luogo di decantazione della trattativa più complessiva, sul quale si scaricano le tensioni dovute agli inceppamenti sui binari paralleli della trattativa sul governo.
Una trattativa che prosegue a scossoni. Dopo 36 ore di comunicati congiunti, per la prima volta Salvini e Di Maio hanno diffuso note separate al termine dell’incontro di venerdì mattina. Non proprio un buon segno. Un’immagine su tutte. Dopo la nota della Meloni, Di Maio parla al telefono per venti minuti dalla terrazza dell’hotel Forum. Le telecamere lo immortalano parecchio arrabbiato. Su Roma cala la notte. Una notte di trattative, telefonate, incontri clandestini. Avvolta dalla nebbia e dall’oscurità. Sperando che sabato, almeno a Milano, splenda un sole senza ombre.
L’HUFFPOST
This entry was posted on sabato, Maggio 12th, 2018 at 08:19 and is filed under Politica. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0 feed. You can skip to the end and leave a response. Pinging is currently not allowed.