Così si chiude la finestra elettorale di luglio
Roma – La notizia buona? Non si voterà più quest’estate, quando mezz’Italia sarà al mare: Lega e M5s hanno ottenuto un’altra settimana per provare a «trovare la quadra» e siccome tra lo scioglimento delle Camere e l’apertura delle urne devono passare almeno due mesi, la finestra elettorale di fine luglio si può considerare chiusa.
Se ne riparla, forse, chissà, in autunno, se non direttamente l’anno prossimo, e non si potrà accusare Mattarella di traccheggiamenti, manovre strane o golpe, perché sono stati proprio i partiti vincenti ad aver chiesto tempo. Quella cattiva, per il Colle, è che a tre mesi quasi dal 4 marzo non solo non c’è un governo in carica ma nemmeno le condizioni per sperare che l’operazione Jamaica vada a dama. Ce la faranno in sette giorni Salvini e Di Maio a raccogliere i cocci e a trovare un premier? Boh.
Boh, appunto. L’interiezione, che ha dato il titolo a uno dei più noti libri di racconti Alberto Moravia, viene ripetuta spesso in queste ore nelle stanze del Quirinale. Quali sono, ci si chiede, le intenzioni dei due leader? Si preparano a rompere il negoziato? O stanno soltanto alzando il prezzo prima di stringere l’accordo? I tavoli sul programma sono aperti e non tira una buona aria: le «distanze sono notevoli». Ora poi sono tutti in attesa del sondaggio on-line dei grillini sulla piattaforma Rousseau e dei gazebo in piazza del Carroccio, come se non bastassero le normali difficoltà di una trattativa del genere.
I dubbi dureranno fino a lunedì, poi Sergio Mattarella pretenderà «chiarezza». L’altra sera, dopo averli ricevuti e aver constatato che invece di stringere avevano fatto passi indietro, al capo dello Stato sono cadute le braccia. Tornate a casa, ha detto, e fatemi un colpo di telefono «solo quando sarete pronti». Stringi stringi, secondo il Quirinale il problema è sempre lo stesso, quello iniziale: chi deve andare a Palazzo Chigi? La stanza dei bottoni è ambita da entrambi i leader, forse Salvini la mollerebbe al suo numero due Giorgetti, però nessuno vuole cedere all’altro il bastone di comando. E nemmeno l’idea di un premier terzo, di cui si è parecchio vagheggiato, sembra funzionare. Per essere davvero una «sintesi» tra Lega e Cinque stelle, non può che essere una figura sbiadita, un professore magari di prestigio ma ridotto a guidare il Paese sorvegliato a vista dai due gendarmi Matteo e Giggino. Ma siccome anche i due leader dicono di non volere dei tecnici e cercano un profilo politico, ecco fatalmente che si torna al punto di partenza.
Un giochino da cui il capo dello Stato cerca, a fatica, di tenersi fuori. Giulio Sapelli, l’economista vicino al Carroccio premier per una sola notte, sostiene di essere stato fatto fuori dall’asse Quirinale-Bruxelles. Dal Colle smentiscono: «Il presidente della Repubblica non ha posto alcun veto o diniego sul professor Sapelli per la semplice circostanza che nessuno, né prima né durante le consultazioni, gli ha mai proposto, direttamente o indirettamente, il suo nome». Un nome però l’altra sera alla Vetrata è uscito, quello del professor Giuseppe Conte, ma Di Maio l’ha proposto in una maniera talmente contorta da farlo affossare subito, senza che Mattarella muovesse un solo muscolo facciale.
Adesso il presidente attende un cenno. «Hanno chiesto qualche giorno, non qualche settimana», quindi basta proroghe. Se Lega e Cinque stelle non stringeranno il patto, non resterà altro che un governo del presidente che ci porterà, chissà quando, al voto.
IL GIORNALE