Via la Fornero e tagli alle pensioni d’oro. Stanziati 5 miliardi. Dubbi sui costi dell’operazione

di BARBARA ARDU’

ROMA – Il sogno nemmeno tanto nascosto di molti italiani di andare in pensione prima potrebbe diventare realtà. Nell’ultima bozza del “contratto” di governo stipulato da M5s e Lega, è scritto nero su bianco. La legge Fornero verrebbe dunque superata, messa da parte. Quota 100 è l’obiettivo. Si potrà dunque andare in pensione quando la somma dell’età e degli anni di contribuzione dia cento. Semplice, basta un’addizione. Se chi vuole uscire dal mercato del lavoro ha 60 anni di età e 40 anni di contributi versati, la strada è aperta. Chi ha iniziato a lavorare da ragazzo potrà dunque andare in pensione anche a 59 anni. L’obiettivo è scritto nel contratto, “è consentire il raggiungimento dell’età pensionabile con 41 anni di anzianità contributiva, tenuto altresì conto dei lavoratori impegnati in attività usuranti”. Salta quindi l’età pensionabile, quel paletto dei 66 anni e 7 mesi (senza considerare l’aumento o la diminuzione dell’aspettativa di vita calcolata dall’Istat e introdotta dal governo Berlusconi, che scatta ogni due anni) fissata dalla legge Fornero e poi ammordidita dal precedente governo per alcune categorie di occupati, quelli che svolgono lavori usuranti.

Per le donne va ancora meglio. E’ vero che vivono più degli uomini e dunque in teoria dovrebbero andare in pensione più tardi, ma nel contratto siglato tra M5s e Lega è prevista la proroga della misura sperimentale “opzione donna” che permette alle lavoratrici con 57-58 anni e 35 di contributi di andare in quiescenza subito, ma optando in toto per il regime contributivo. Opzione che però abbassa l’assegno pensionistico. Un piccolo scotto da pagare.

C’è un altro punto su cui il contratto interviene sulle pensioni. Non quelle che verranno, ma quelle in essere. Qui non servono coperture, anzi si andrebbe a recuperare risorse. “Per una maggior equità sociale – è scritto nel contratto – riteniamo altresì necessario un intervento finalizzato al taglio delle cosiddette pensioni d’oro”. Quali? Quelle che superano i 5.000 euro netti al mese e che non sono giustificate dai contributi versati. Un punto che è sempre stato controverso e sulla quale la Corte Costituzionale potrebbe, come già accaduto, intervenire, in quanto considerate diritti acquisiti. Il contratto prevede anche la misura di una pensione di cittadinanza a chi vive sotto la soglia minima di povertà. Una sorta di aumento delle pensioni minime.

Nel contratto vengono indicate anche le cifre destinate a finanziare l’operazione. Ma che potrebbero essere in realtà più alte, questo almeno quanto sostengono alcuni economisti. La legge Fornero fu fatta proprio per tenere in equilibrio il sistema pensionistico, una garanzia per le prossime generazioni. Verranno stanziati, è scritto nel contratto “5 miliardi per agevolare l’uscita dal mercato del lavoro delle categorie a oggi escluse”, mentre per rifinanziare la misura opzione donna “verranno utilizzate le risorse disponibili”.  Tra la prima versione di contratto e l’ultima non è stato ritoccato nulla di quel che concerne il capitolo pensioni. Un punto dunque che sembra più che condiviso dal M5s e dalla Lega. Meno probabilmente dai mercati, che già ieri hanno iniziato a innervosirsi. Non la pensano diversamente molti economisti, a cominciare dall’ex commissario alla spending review Carlo Cottarelli, che ha sempre dichiarato, che l’abolizione della legge Fornero sarebbe troppo dispendiosa in un Paese che non può permetterselo. Andrebbe ad aumentare, questo il suo pensiero suffragato dai calcoli, la spesa pubblica in un Paese che ha già un debito pari al 130 per cento del Pil. Cancellare la Fornero, queste le sue previsioni, costerebbe circa 10-15 miliardi, un 1,5 per cento del Pil.

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