Tensione tra i due leader sulla scelta del premier: Di Maio vuole l’incarico
Un «professionista incontestabile» per Matteo Salvini. Un «amico del popolo» per Luigi Di Maio, che però, forse, parla di se stesso.
La situazione è ancora fluida ma a 24 ore dall’incontro dei due leader con Sergio Mattarella l’identikit del potenziale premier potrebbe somigliare allo stesso Di Maio anche se si arriva al suo nome per esclusione e non per elezione. Oggi i due leader di Lega e Cinque stelle si vedranno di nuovo per sciogliere gli ultimi nodi prima di salire al Colle. E per cercare di trovare una quadra che ieri sera non sembrava vicina, tanto che si rincorrevano rumors su una forte tensione tra i due. Sullo sfondo, infatti, resta il tentativo di Di Maio di forzare la mano e arrivare lui a Palazzo Chigi.
Intanto, il puzzle che pezzo dopo pezzo stanno costruendo per definire la figura del potenziale premier, si arricchisce di particolari. È vero che Salvini ha ripetuto che il premier non sarà né lui né Di Maio «come è stato chiaro fin dall’inizio» ma allo stesso tempo è pure vero che i grillini non mollano e anche ieri Davide Casaleggio ha ribadito: «Spero che Luigi sia il premier». E in effetti lo stesso Di Maio che prima aveva detto di aver fatto un passo indietro e poi uno di lato evidentemente è tornato al punto di partenza perché ieri sera non ha escluso l’ipotesi di andare a Palazzo Chigi: «Non so se farò il premier e se entrerò nella squadra di governo», ha detto. Se la scelta cadesse invece su «un professionista incontestabile» come dice Salvini, selezionato tra le personalità che hanno contribuito alla stesura del contratto, gli indizi sembrerebbero portare a Giuseppe Conte, membro del Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa.
Ma il profilo del potenziale premier richiede un’altra decisiva peculiarità: deve convincere il Capo dello Stato. E allora potrebbe rientrare in campo Giampiero Massolo, altrimenti candidato agli Esteri. Il leghista Lorenzo Fontana aggiunge che il premier sarà più vicino all’area M5s e «sarà una persona più spostata nell’area di M5s perché nella maggioranza c’è chi ha preso il 32 per cento e chi il 17». Il potenziale premier però non sarà un esponente «puro» dei M5s ma «avrà equilibrio» e un «curriculum incontestabile anche all’estero». E dunque non Di Maio. Forse Andrea Roventini, economista, professore alla Sant’Anna di Pisa, che è stato però molto critico nei confronti della flat tax.
Le distanze tra Carroccio e M5s restano ma l’incontro di oggi dovrà sciogliere tutti i nodi perché domani una proposta a Mattarella va fatta. Tutti gli altri nomi che nei giorni scorsi sono entrati nel balletto del toto premier restano per la squadra di governo. Il grillino Riccardo Fraccaro prima di tutto che ancora ieri veniva dato in ottima posizione per Palazzo Chigi, fedelissimo di Di Maio era già stato designato come ministro per i Rapporti con il Parlamento in un eventuale governo pentastellato. Sempre per M5s Alfonso Bonafede dovrebbe andare alla Giustizia mentre per Vincenzo Spadafora ci sarebbe un posto ai Beni Culturali. Per il ministero della Salute è in pole position la capogruppo di Montecitorio, Giulia Grillo, per le Riforme il capogruppo del Senato, Danilo Toninelli. A Di Maio se fosse impossibile raggiungere la poltrona del premier andrebbe il ministero del Lavoro. Salvini vuole per sé il Viminale mentre a Giancarlo Giorgetti toccherebbe il ruolo di sottosegretario con delega ai servizi. L’altro dicastero richiesto dalla Lega è quello dell’Agricoltura che finirebbe a Nicola Molteni mentre Gian Marco Centinaio è in quota per il ministero degli Affari Regionali. Lorenzo Fontana infine è in corsa sia per la Difesa sia per la Cultura.
IL GIORNALE