Pd si spacca su due mozioni poi la tregua. Martina: “No a divisioni mentre l’Italia vive ore drammatiche”

di ALBERTO CUSTODERO

ROMA – L’Assemblea del Pd si spacca sulla decisione di non votare il segretario, poi la tregua: Martina resta reggente e la sua relazione è stata approvata all’unanimità. Con un rinvio della decisione del futuro assetto del partito al Congresso, si è conclusa all’Ergife l’Assemblea dem.

Il meeting pd si era aperto spaccandosi sulla proposta del presidente, Matteo Orfini, di rinviare l’odg che aveva al primo punto la formalizzazione delle dimissioni di Matteo Renzi (ha rinunciato a parlare e poco dopo il voto che ha fatto slittare l’odg ha lasciato l’Ergife) per concentrarsi sulla situazione politica con la possibilità della nascita del governo Lega-M5s. Sull’odg (pur approvata all’unanimità dal collegio di presidenza) l’Assemblea si era divisa: 397 sì, 221 no e 6 astenuti. La proposta di Orfini era stata accolta dalla platea con alcuni fischi e diversi “noooo” di contrarietà. “Siamo in un partito democratico, chi vuole fischiare lo faccia fuori”, aveva replicato il presidente.

Mentre l’assemblea si divideva in due grossi blocchi, le dimissioni di Renzi (secondo lo statuto non devono essere votate, ecco perché si parla di ‘presa d’atto’) diventavano ufficialmente “irrevocabili”. Resta irrisolto il nodo sul futuro di Martina: i renziani avevano chiesto la sua rinuncia alla candidatura per la segreteria nel caso in cui avesse portato il partito al Congresso. Anche la discussione su questo delicato tema è stata rinviata.

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Ma come mai il colpo di scena del rinvio che ha preso in contropiede molti delegati e che non era stato previsto nei giorni scorsi? Secondo la lettura dei renziani, Renzi aveva i numeri in assemblea per far passare la mozione, ma ha scelto per senso di responsabilità, per il momento che c’è nel Paese, di non andare a spaccare l’assemblea. Secondo la lettura dell’area Martina, i renziani hanno scelto di evitare il voto perchè non più certi dei numeri. Al di là delle diverse interpretazioni, Renzi ha fatto sapere di essere soddisfatto perché l’Assemblea nazionale ha deciso di evitare divisioni. Fonti a lui vicine hanno aggiunto: “Ha vinto la linea di chi, come lui, Paolo Gentiloni e Marco Minniti, chiedeva di congelare il dibattito interno. Aver ottenuto unità e pace interna è un risultato importante”.

Per l’elezione del segretario, se ne parlerà più in là, non prima dei ballottaggi delle amministrative. L’Assemblea del Pd ha preso il via con l’inno di Mameli. Presente, tra gli altri, anche il premier Paolo Gentiloni. Il prologo dell’Assemblea è stato dedicato alla questione del Lavoro e dei ‘Morti sul lavoro’ con un minuto di silenzio.

• A FAVORE DELL’ODG UNA MAGGIORANZA TRASVERSALE
Una maggioranza trasversale a cui hanno preso parte molti dei big che sostengono il reggente, ha votato la modifica dell’ordine del giorno. Tra questi anche Areadem, la corrente che fa riferimento a Dario Franceschini. Allo stesso tempo, viene sottolineato tra i delegati vicini all’ex segretario, “tra quanti hanno votato contro la modifica ci sono state le aree di Michele Emiliano e Andrea Orlando, ma anche tanti renziani”.

• SFOGO DELLA PASIONARIA ROMANA: “AL CONGRESSO NUN ME CHIAMATE”
Ha scosso l’assemblea del Pd l’intervento appassionato di Pina Cocci, delegata romana di Tor Bella Monaca, che ha sbottato: “Io ora me ne vado. Consegno la delega al presidente. Ma noi dovremo fare un congresso e se stiamo messi così come stiamo messi oggi, nun me chiamate”. Salita sul palco con la sua sedia a rotelle, ha contestato la decisione di non far parlare Renzi: “Non sono renziana – ha detto – ma questa è mancanza di democrazia in un partito che si dice democratico”.

Assemblea Pd, sfogo della pasionaria romana: “Al congresso nun me chiamate”

• TRA POTESTE E SEDIE VUOTE… SE LA BASE DEM SI RIBELLA
Sedie vuote, delegati arrabbiati, fischi, proteste. Il pd riunisce l’assemblea della riscossa e scopre che la base è sfiduciata. I numeri lo dimostrano: dei 1021 aventi diritto all’Ergife si presentano in 829 presenti registrati e con facoltà di voto. È il record di presenze, per questa platea congressuale. Ma arrivano alla fine solo in 302: 527 delegati si perdono lungo le 5 ore di assemblea. 205 Non votano neppure alla prima votazione, quella in apertura di riunione, sullo slittamento dell’ordine del giorno, alla quale partecipano 624 delegati (397 a favore, 221 contro, 6 astenuti). Cinque ore dopo, alla seconda votazione, quella sulla relazione di Martina, mancano all’appello altri 322 delegati. La relazione viene votata da 302 delegati, 294 a favore e 8 astenuti.

• MARTINA: “CONTRATTO LEGA-M5S MIX DI SOGNI E INCUBI”
Maurizio Martina, alla fine del suo intervento nel corso del quale ha attaccato il contratto Lega-M5s (definito “Mix di sogni e incubi”), ha annunciato che si farà un “congresso anticipato”. “Chiedo – è il suo appello – di poter lavorare insieme a voi per portare il partito in modo ordinato, unitario e forte a quell’appuntamento senza ambiguità. Senza la fatica dei detti e dei non detti anche tra di noi che hanno generato problemi e non soluzioni. Non ho l’arroganza di pensare di fare da solo questo lavoro”. “Ma – ha detto incassando un’ovazione – se tocca a me anche se per poche settimane o solo un giorno, tocca a me. Con tutti voi”.

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• ORLANDO AI RENZIANI: “FAR MANCARE I NUMERI PIÚ GRAVE CHE CONTARSI”
“Oggi abbiamo l’obbligo di dare a Maurizio la forza per gestire questo passaggio – ha detto Andrea Orlando dal palco – votare la relazione. Credo sia una voce dal sen fuggita quella secondo cui qualcuno vuole non votare la relazione o far mancare il numero legale. Far mancare i numeri o non votare la relazione è uno scenario anche peggiore della conta. È un errore grave e chi lo compie, se lo compie, se ne assume la responsabilità di fronte alla comunità del Pd”.

• GIACHETTI: “FISCHI E MINACCE, SE QUESTO È IL NUOVO CORSO…”
L’intervento di Roberto Giachetti, più volte interrotto, è tra quelli che provoca maggiori reazioni, al punto che Giachetti deve stoppare un delegato particolarmente facinoroso: “Così lo fai a tua sorella”, gli dice. “Una parte organizzata della platea che fin dall’inizio si è comportata come una curva nello stadio – ha commentato Giachetti – mi ha continuamente interrotto, fischiato, insultato (quando sono andato a sedermi una gentile signora è venuta anche a minacciarmi urlandomi che io non sono degno di stare in questo partito) fino a che ho deciso di interrompere il mio intervento per evitare vere e proprie degenerazioni. Vi devo dire con grande franchezza che sono rimasto colpito da quello che è accaduto, nonostante l’intervento di Martina per difendere il mio diritto a parlare”. “L’ho detto interrompendo il mio discorso – ha concluso – se questo è l’antipasto della concezione di partito e democrazia interna che hanno coloro che si candidano ad una gestione alternativa del partito, c’è davvero da preoccuparsi”.

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