Salvini liquida il centrodestra: la prospettiva è popolo contro élite

«Ma se è il governo più politico del mondo… ». Matteo Salvini parte con una battuta quando i suoi gli leggono le agenzie in cui Mariastella Gelmini, per Forza Italia, dice che «francamente» non riesce «a trovare differenze tra il professor Giuseppe Conte e il professor Mario Monti». Poi, però, il segretario leghista chiude le frase così: «Tutti i giornali del mondo parlano della nascita di questo governo. Ne parlerebbero tanto se fosse un governo tecnico?». È vero, il leader milanese ancora non è convinto della necessità che lui e Luigi Di Maio diventino i vice di Conte. «Vicepremier è un hashtag — commenta un deputato — la verità è che entrambi i leader saranno al governo con responsabilità assolutamente rilevanti. Non c’è bisogno di un’etichetta».

E così, tagliato ogni ormeggio, Matteo Salvini affronta il mare aperto. Al governo, da titolare del Viminale (ma nel live su Facebook parla ancora, pudicamente, di «un uomo della Lega agli Interni») e dunque in un ruolo nel quale non si aspetta sconti. Con il suo partito che è comunque il secondo azionista dell’esecutivo in gestazione, non il primo. E senza più il vincolante ma per alcuni versi rassicurante ruolo del centrodestra a fare da ammortizzatore. Certo, Salvini ricorda che la Lega si è seduta al tavolo con Di Maio «soltanto dopo che Berlusconi ci ha detto “andate pure”».

Ma per il leader leghista l’oggi sono gli attacchi nei suoi confronti da parte della stampa della famiglia Berlusconi: «Il Giornale che parla di dittatura, quello sì che è un pregiudizio». Però, appunto, il dado è tratto e la decisione presa. E il «sette a zero» alle elezioni in Val d’Aosta, un riferimento al numero degli eletti, sono una conferma della strada intrapresa.

Non è detto che con ieri sia nata la Terza Repubblica. Ma certo, una nuova era politica sì. La convinzione di Salvini sulla fine di categorie come centrodestra e centrosinistra si era affinata nelle scorse settimane attraverso alcune chiacchierate sia con Giulio Sapelli che con Paolo Savona: «Siamo a un ribaltamento totale delle prospettive — così la raccontava al suo staff —. Il punto oggi è popolo contro élite, non più destra contro sinistra». In questa logica il rapporto della Lega con i 5 Stelle forse non è soltanto un contratto: «Siamo due popoli diversi — avrebbe proseguito — e lo siamo davvero. Però è chiaro che non esisteranno più i classici centrodestra e centrosinistra». E i Fratelli d’Italia? Ieri Salvini ha fatto una chiacchierata «lunga e cordiale» con Giorgia Meloni. Risultato? I leghisti non escludono che «in un secondo momento» anche FdI arrivi ad appoggiare il governo.

Curiosamente, uno degli ingredienti che ha concorso alla rottura delle remore psicologiche del leader leghista è stata la lettura, ieri mattina, di un articolo su La Stampa: undici milioni di italiani assumono psicofarmaci. E così, Salvini ne parla più volte, fuori dal Quirinale e nel Live di Facebook con cui si autoriprende dal tetto della Camera: «Non vogliamo più un Paese che vive di precarietà, di paura, di psicoterapia e di psicofarmaci».

Il segretario della Lega è uscito rasserenato dal colloquio con Sergio Mattarella. I suoi collaboratori raccontano che «leggendo i giornali, Matteo stava quasi preparandosi ad andare con l’elmetto». Soprattutto sul nome di Paolo Savona. Che invece «a oggi, c’è». La frase «a oggi» nelle ultime settimane è entrata a pieno titolo nel lessico salviniano.

I leghisti hanno avuto la sensazione che il presidente Mattarella prenderà qualche ora più delle previsioni. Anche se Salvini ha ricordato che «i tempi li detta il presidente». Qualcuno si è anche stupito del «fatto nuovo» dell’invito al Colle ai presidenti di Camera e Senato. Anche se probabilmente si tratta di garbo istituzionale: le elezioni ci sono state da poco più di due mesi e Giuseppe Conte non era neppure candidato.

CORRIERE.IT

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