Salvini ora teme l’asse tra Conte e il Quirinale
Oggi Matteo Salvini metterà alla prova Luigi Di Maio. Vuole capire fino a che punto può contare sulla sponda dell’alleato e del premier incaricato che hanno scelto assieme. Giuseppe Conte vedrà entrambi i leader per risolvere il puzzle del governo entro stasera. E decidere soprattutto chi mandare al ministero-cardine dell’Economia attorno al quale ruota la battaglia di nervi di queste ore. Un nome, Paolo Savona, sta già lacerando le certezze del patto giallo-verde. Il Quirinale vorrebbe un’alternativa per via XX Settembre. Conte, durante il colloquio di mercoledì con Sergio Mattarella, avrebbe già aperto alla possibilità di convincere i leghisti e i 5 Stelle a dirottare Savona altrove, magari con un incarico ad hoc. Il capo politico del M5S non avrebbe alcun problema. E infatti ha smussato: «Savona è uno dei nomi» ma «dei ministri se ne occuperanno il presidente incaricato Conte e il presidente Mattarella».
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Affermazioni che non sono piaciute a Salvini, per il quale a Conte «spetteranno» non solo gli onori ma anche «gli oneri di dire nomi e ruoli». Nelle riunioni ristrette Salvini non parla mai male di Mattarella, nonostante avverta da parte del Capo dello Stato la sfiducia nei suoi confronti. Detto questo, è rimasto sorpreso da quanto fatto filtrare dal Quirinale: l’irritazione di Mattarella per presunti «inammissibili diktat» che limiterebbero le prerogative del Presidente della Repubblica e del premier sui ministri. «Ma quali diktat? Piuttosto idee, proposte e suggerimenti» replica piccato Salvini: «Savona resta il nome migliore». È una questione anche politica, di rapporti di forza. Il leader della Lega insiste e lo farà di nuovo, anche oggi, con Conte. Perché nella divisione dei dicasteri, all’Economia deve andare qualcuno che è stato indicato dal Carroccio e,«alla fine – ripete ai suoi deputati – il governo dovrà ottenere una fiducia». Insomma, se salta Savona, «tutto potrebbe essere rimesso in discussione», spiega il vicepresidente leghista della Camera, Lorenzo Fontana. La Lega nega che ci sia qualche chance per Luigi Zingales, economista altrettanto euroscettico, che appena tre giorni fa su Foreign Policy tesseva le lodi dei «populisti italiani al governo» in grado «di battere l’establishment europeo». Sul tavolo non c’è altro nome per il Tesoro, giurano. Oggi però potrebbe arrivare. Non quello del capogruppo dei deputati Giancarlo Giorgetti. È vero che piace ai grillini e non dispiace al Colle, ma semplicemente lui non vuole. Preferisce entrare a Palazzo Chigi da sottosegretario per garantire al Carroccio un controllo sulla presidenza del Consiglio, anche se non avrà la delega ai servizi che invece andrà a un grillino, tra Vincenzo Spadafora e Vito Crimi.
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Salvini sospetta che si sia già creato un asse tra Mattarella, Conte e Di Maio. Sente che i 5 Stelle non sono compatti su Savona ma teme che possa prevalere il pragmatismo del leader anche per evitare una grana al premier incaricato e un dispiacere per il Capo dello Stato. Una soluzione, ha proposto qualcuno dal M5S, potrebbe essere una dichiarazione pubblica dell’economista, magari attraverso un’intervista al Financial Times, che parli all’Europa, alle cancellerie e ai mercati, che rassicuri sulla stabilità dei conti e sulla moneta unica. Sembra che glielo abbiano suggerito e che Savona abbia dato prova del suo ruvido carattere. Di fatto, dichiarazioni del genere avrebbero sollevato il Colle, ma avrebbero anche contraddetto anni di tesi e pubblicazioni che hanno sempre messo nel mirino l’euro e il dominio economico tedesco.
Non c’è però solo il Mef a impensierire Conte. Nel primo giorno da premier incaricato ha capito che sono tanti i pezzi a mancare e troppe le richieste che si mescolano ai veti. La Lega vuole le Infrastrutture, come Salvini ha ribadito a Conte, per accertarsi che si faranno le grandi opere. Inoltre, non piace l’accorpamento che sogna Di Maio tra Lavoro e Sviluppo economico, dentro il quale c’è il dipartimento alle Telecomunicazioni, di grande interesse per le aziende di Silvio Berlusconi. I 5 Stelle invece hanno un problema da risolvere agli Esteri. I parlamentari hanno detto al capo politico che non vogliono l’ex ambasciatore Giampiero Massolo. Enzo Moavero Milanesi, in quota Lega, è prenotato per gli Affari europei ma non è escluso che possa essere dirottato alla Farnesina. I leghisti fanno il nome di Pasquale Salzano, ambasciatore in Qatar, di Pomigliano come Di Maio. Ma questa voce è smentita con decisione dai vertici del M5S.
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