La resistenza a oltranza del Colle

Roma Niente lista, niente accordo, niente governo. Anzi, in serata, alla fine di una giornata piuttosto nervosa, Giuseppe Conte è costretto a tornare sul Colle per un pit-stop imprevisto perché la macchina gialloverde si è un po’ ingolfata sulla scelta dei ministri.

Tutto ruota attorno a Paolo Savona. Matteo Salvini, appoggiato da Giggino Di Maio, ne fa una questione di vita o di morte: senza di lui si vota. Sergio Mattarella però resiste ancora, o almeno ci prova. Un braccio di ferro che rischia di schiacciare Conte. Il Presidente non intende fare un passo indietro, perché arrendersi a Salvini significa mettere a rischio il ruolo del Quirinale, la sua autorevolezza.

Il colloquio tra il capo dello Stato e il professore dura più di un’ ora e non si tratta soltanto di un atto di cortesia istituzionale. «Il presidente incaricato è salito al Quirinale per conferire informalmente con il capo dello Stato sull’andamento delle consultazioni per comporre l’esecutivo», si legge infatti in una nota. Cioè, serve un’ulteriore mediazione per superare gli ultimi ostacoli. Economia certo, però anche Esteri, Difesa e Sviluppo. «Un incontro informativo e interlocutorio», così viene definito all’uscita. Traduzione: al di là del clima cordiale, il faccia a faccia va male.

Che Paolo Savona, con le sue posizioni anti-euro, non vada bene al Colle è cosa nota e certificata. Ma altrettanto chiara e profonda è la trincea che Lega e M5s hanno scavato attorno al suo nome. O passa o salta tutto, senza di lui Conte deve cercarsi un’altra maggioranza, questo in sintesi il messaggio di Salvini. Poi, secondo problema, la Farnesina. Il giovane ambasciatore in Qatar Pasquale Salzano sta per scavalcare il più esperto e conosciuto a Bruxelles Giampiero Massolo: Mattarella non è d’accordo. Per non parlare della fusione tra Sviluppo e Lavoro, che Di Maio vorrebbe per sé per lanciare il reddito di cittadinanza. Un accorpamento giudicato complicato sul quale peraltro non c’è nemmeno l’intesa nella maggioranza. E così, quando si siede accanto al capo dello Stato, Conte si trova nella prevista imbarazzante situazione di dover tenere la linea stabilita da altri. Una linea per giunta ancora provvisoria. Il premier incaricato non vorrebbe impiccarsi per Savona, infatti spiega a Mattarella di considerarlo pericoloso per gli equilibri che il suo governo dovrà trovare in Europa. «Una mina». Però, siccome comandano gli altri due, eccolo costretto nel difficile tentativo di convincere il presidente a rimuovere le barricate. L’operazione non riesce. Il capo dello Stato, furioso per come Lega e M5s hanno affrontato la trattativa cercando di metterlo davanti al fatto compiuto, fa muro su Savona, a costo di andare alle elezioni anticipate, con tutte le conseguenze che questo comporta: il Quirinale bersaglio, indicato tra i nemici del rinnovamento, lo spread a 400, la speculazione. Ma fino all’ultimo terrà il punto sui poteri suoi e del premier. Questione «di democrazia».

IL GIORNALE

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