“Guida pratica per uscire dall’euro”. Ecco il piano anti-Ue di Savona
Una “Guida pratica all’uscita dall’euro”. Sarà, forse, anche per questo documento di cui Paolo Savona è co-autore e di cui ne ha introdotto la presentazione nell’ormai lontano 2015 che il Colle non intende fare passi indietro sul suo nome al dicastero dell’Economia.
Presentato ad un convegno della Link University Campus di Roma, si tratta di un vero e proprio decalogo per anti-europeisti. Un insieme di spiegazioni sul perché l’Italia dovrebbe prendere seriamente in considerazione l’idea di abbandonare la moneta unica, preparare un “piano B” ed usarlo nelle trattative con le altre cancellerie del Vecchio Continente come “deterrente nei confronti delle controparti europee”.
Le slide, facilmente reperibili in internet (leggi qui) e scovate dall’HuffingtonPost, sono chiare. Si parla di una linea “alternativa di politica economica”, che non dovrebbe portare necessariamente all’Italexit, ma che è uno spunto per una “nuova era economica sovrana”. Ecco: sovrana. Ed è proprio su questa parola che si gioca la scelta di Matteo Salvini, che non è più disposto a fare passi indietro sulla sua lista di ministri.
Ma torniamo alla guida pratica. Secondo gli autori scrivono chiaramente che in Ue si è imposta “il modello economico tedesco” che ha portato l’Italia ad avere un cambio troppo forte, che ora può essere risolto solo con svalutazione e inflazione. “La costruzione dell’Ue attraverso la leva dell’articolo 11- si legge – rappresenta una forzatura giuridica. Il riscatto della sovranità economica e monetaria e il ritorno alla situazione pregressa al divorzio Tesoro/Bankitalia (1981) sono, nei fatti, l’unica scelta compatibile con la Costituzione, la quale prevale sulle norme e sui trattati europei”.
Ed ecco allora le mosse teorizzate dalla nuova “economia sovrana”: Si parte dalla nazionalizzazione di Bankitalia “conferendo tutti i poteri di cui una Banca Centrale può disporre, ad iniziare dalla sua funzione di prestatrice di ultima istanza a supporto del fabbisogno finanziario dello Stato, influendo sui tassi di interesse sui titoli di Stato e ad adottare il metodo d’asta con il sistema ’marginale’”. Poi va reintrodotta l’Iri “con le originali funzioni di assistenza finanziaria e tecnica alle aziende italiane in difficoltà”. E poi occorre stampare nuova monete, la Banca Italia deve assumere la funzione di prestatore di ultima istanza a supporto del fabbisogno pubblico e agendo sul cambio, con la revoca del divorzio e l’obbligo di intervento in asta. E ancora occorre “agire per frenare una svalutazione eccessiva” e “evitare di manipolare il valore della moneta e consentire il cambio libero” perché “una stabilizzazione è nell’interesse delle nostre controparti esterne”.
Si parla inoltre della divisione tra le banche d’affari e quelle commerciali, l’abbandono dell’autonomia di Bankitalia dal Tesoro (che può intervenire direttamente su banche e istituti assicurativi) e dello stralcio dell’articolo 81 della costituzione nella parte in cui si obbliga lo Stato a garantire un pareggio di bilancio. Infine, per minimizzare l’impatto sui conti pubblici di un’uscita dall’euro, l’Italia dovrebbe “annunciare la ridenominazione del debito in Lire”, rinominare i bilanci delle banche in Lire, verificare se fosse necessario dichiarare un default se la sostenibilità del debito è a rischio e, in questo caso, attuare “una moratoria sul servizio del debito pubblico fino a quando la riduzione del debito verrà negoziata con i creditori” (cioè una rinegoziazione).
IL GIORNALE