Scontro istituzionale sul nuovo governo. Conte rinuncia, Mattarella convoca Cottarelli. “No a un ministro dell’Economia antieuro”. E Di Maio e Meloni invocano impeachment
ALBERTO CUSTODERO
ROMA – È durata appena quattro giorni la parentesi dell’incarico che il capo dello Stato ha affidato a Giuseppe Conte per la formazione di un governo M5s-Lega. Il no di Mattarella a Savona all’Economia (“decisione che non ho preso a cuor leggero”, ha chiosato il presidente), è stato lo scoglio sul quale è inciampato l’ex premier incaricato.
Ora è in atto uno scontro istituzionale con M5s e Lega che tuonano contro il Colle.
l più duro è proprio Luigi Di Maio. “La scelta di Mattarella è incomprensibile”, ha attaccato. “La verità è che non vogliono il M5s al governo, sono molto arrabbiato ma non finisce qui”, minaccia. Il clou quando, ospite di Fazio, affonda il colpo: “Chiedo l’impeachment per Mattarella”, ipotesi già ventilata da Giorgia Meloni.
I pentastellati ribadiscono la loro posizione in serata in un comizio a Fiumicino, con Alessandro Di Battista al fianco del capo politico del movimento: “La democrazia è stata abolita, Savona punito per un reato d’opinione. Prima di tornare al voto bisogna mettere sotto accusa Mattarella per attentato alle Istituzioni”. E ancora: “Era una cosa premeditata, far
fallire il governo del M5S e della Lega. Difficili ora aver fiducia nelle istituzioni e nelle leggi dello Stato”.
Governo, Di Maio: “Scelta di Mattarella è incomprensibile”
Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, non ci sta. Parlando al Colle – dopo la rinuncia di Conte – replica con durezza a chi lo accusa. “Non ho ostacolato la formazione del governo”. E in tutta risposta ha convocato per la mattinata di lunedì al Quirinale Carlo Cottarelli, l’ex commissario alla spesa pubblica durante il governo Letta. Sentirò il parere delle Camere, ha detto il presidente, che quindi affronterà il volere del Parlamento, chiedendo attraverso Cottarelli a deputati e senatori se vogliono portare il Paese al voto senza aver fatto partire un governo, con i mercati in fibrillazione e il rischio di aumento dell’Iva.
Un nome, quello di Cottarelli, più volte speso dai nemici della “casta”, a cui forse non tutti vorranno dire di no. Ma per ora Di Maio tuona: “Cottarelli non ha la fiducia del Parlamento, è assurdo”.
In difesa del Colle arriva una nota di Silvio Berlusconi (“Il M5s che parla di impeachment è come sempre irresponsabile”, commenta), e di Matteo Renzi: “Minacciare Mattarella è indegno”. Stessa linea per Gentiloni e per il segretario, Maurizio Martina: “Passaggio drammatico, consiglierei a Di Maio e Salvini di misurare le parole”.
Salvini, a modo suo, si chiama fuori dalle richieste di messa in stato di accusa: “Non ne parlo, sono incazzato…”. Anche se poco dopo, in diretta su Facebook, attacca: “Che brutta giornata per l’Italia e per la democrazia. Era tutto pronto, anche io ero pronto a occuparmi di immigrazione e sicurezza, ma niente, qualcuno oggi ha detto no. Il governo del cambiamento non poteva nascere, i Signori dello Spread e delle banche, i ministri di Berlino, di Parigi e di Bruxelles non erano d’accordo. Rabbia? Tanta. Paura? Zero. Cambieremo questo Paese, insieme. Io non mollo amici, conto su di Voi. Prima gli italiani”.
“Aspettiamo la data delle lezioni – conclude Salvini – vediamo se domani verrà data, per dignità, una data delle elezioni. Altrimenti ci vediamo a Roma. Non si molla di un millimetro”
LE RAGIONI DEL COLLE
“Ho sostenuto – dice Mattarella – il tentativo in base alle regole della Carta, ho accolto la proposta per l’incarico di presidente del Consiglio, superando ogni perplessità sulla circostanza che un governo politico fosse guidato da un presidente non eletto in Parlamento e ne ho accompagnato, con piena attenzione, anche il lavoro per formare il governo”.
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“Ma il capo dello Stato non può subire imposizioni. Ho chiesto per il ministero dell’Economia l’indicazione di un autorevole esponente politico della maggioranza, coerente con il programma. Che non sia visto come sostenitore di una linea più volte manifestata che potrebbe provocare l’uscita dell’Italia dall’euro”.
“La designazione del ministro dell’economia costituisce sempre un messaggio immediato per gli operatori economici e finanziari, ho chiesto per quel ministero l’indicazione di un autorevole esponente politico della maggioranza, che al di là della stima e della considerazione della persona non sia visto come sostenitore di linee che potrebbe provocare la fuoriuscita dell’italia dall’euro, cosa differente dal cambiare l’ue in meglio dal punto di vista italiano. A fronte di questa mia sollecitazione ho constatato con rammarico indisponibilità a ogni altra soluzione, e il presidente del consiglio incaricato ha rimesso il mandato”.
• L’IRA DEI 5 STELLE E DELLA LEGA
Giuseppe Conte, dopo l’annuncio del Quirinale sulla rinuncia al mandato, ha pronunciato un telegrafico discorso: “Ringrazio gli esponenti delle due forze politiche – ha detto – per avere fatto il mio nome per formare il governo di cambiamento. Vi posso assicurare di avere profuso il massimo sforzo, la massima attenzione per adempiere a questo compito”.
Già prima della rinuncia, la Lega aveva puntato l’indice contro il Quirinale. “Abbiamo lavorato per settimane, giorno e notte – ha tuonato Matteo Salvini – per far nascere un governo che difendesse gli interessi dei cittadini italiani. Ma qualcuno (su pressione di chi?) ci ha detto No. Mai più servi di nessuno, l’Italia non è una colonia. A questo punto, con l’onestà, la coerenza e il coraggio di sempre, la parola deve tornare a voi”.
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Il presidente della Repubblica, dunque, non ha ceduto all’imposizione di Paolo Savona al dicastero dell’Economia. Nel pomeriggio erano saliti al Colle prima il segretario della Lega Matteo Salvini, poi il capo politico del Movimento 5 stelle Luigi Di Maio.
L’obiettivo era sciogliere il nodo politico sul ministero dell’Economia che i due leader volevano affidare al professor Paolo Savona. Vano è stato il tentativo dello stesso Savona di tranquillizzare il Quirinale precisando la natura del suo rapporto con l’Europa. L’esito finale è stato la rinuncia di Conte all’incarico.
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