Verso le elezioni la sfida si sposta sull’euro

Da ieri non si è solo riaperta ufficialmente la campagna elettorale. Ma si è anche messo agli atti che il cuore del confronto che ci porterà di qui a pochi mesi a nuove elezioni sarà non solo l’Europa ma anche e soprattutto l’euro.

Dentro o fuori la moneta unica, questo sarà il tema su cui si scontreranno i partiti. E se i toni sono quelli che ieri sera hanno seguito il discorso di Sergio Mattarella, c’è da scommettere che sarà una battaglia davvero campale.

D’altra parte, è proprio su questo tema che è saltato quello che Luigi Di Maio e Matteo Salvini avevano ribattezzato «il governo del cambiamento». Per il veto di Mattarella su Paolo Savona, certo. Ma anche perché il leader della Lega non ha voluto arretrare di un centimetro rispetto alle obiezioni del Colle. Rilievi legittimi, il cui vero limite è stato quello di essere molto tardivi. Osservazioni a cui Salvini ha risposto alzando le barricate anche quando ieri mattina, in un inconsueto faccia a faccia al Quirinale, Mattarella gli ha detto di essere pronto a nominare ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti. Niente. Tanto era decisivo per Salvini il nome di Savona e quello che l’economista rappresenta che il leader del Carroccio ha preferito far saltare il banco nonostante la possibilità di dar vita ad un governo con lui ministro dell’Interno e con Giorgetti ministro dell’Economia. Un segnale eloquente di quanto il tema della moneta unica è centrale secondo il leader della Lega. E di quanto inevitabilmente lo diventerà da oggi in avanti.

Già, perché il capo dello Stato ha motivato il suo veto a Savona con un ragionamento che non fa una piega. «L’adesione all’euro è fondamentale. Se la si vuole discutere ha detto lo si deve fare apertamente, visto che il tema non è stato oggetto di campagna elettorale». Il capo dello Stato, insomma, ha sostanzialmente fatto presente a ragione che un cambio di paradigma così rivoluzionario come potrebbe essere l’uscita dell’Italia dall’euro non può essere messo agli atti semplicemente firmando il decreto di nomina di un ministro, ma deve essere oggetto di una ampia riflessione e di un confronto tra le diverse forze politiche.

Confronto che a questo punto non potrà non avvenire, visto che da ieri il tema è in cima all’agenda. E sarà intorno a questa questione chiave che si giocherà la prossima campagna elettorale, con il fronte euroscettico non solo M5s e Lega, ma anche Fratelli d’Italia che cavalcherà la campagna contro Bruxelles e l’euro. Con il rischio che si crei una sorta di blocco pro Italexit, magari trascinato dai toni propagandistici di una corsa al voto che si annuncia senza esclusione di colpi. Non è affatto escluso, insomma, che come accaduto nel 2016 con la Brexit l’Italia possa spingersi su posizioni dalle quali sarà poi difficile tornare indietro, con tutte le conseguenze del caso.

E con uno stravolgimento anche del quadro politico, visto che su questo tema nel centrodestra non tutti hanno la stessa posizione. Sicuramente Lega e FdI sono dallo stesso lato della barricata, come dimostra la tempestiva richiesta di impeachment per Mattarella con cui Giorgia Meloni ha cercato di riavvicinarsi al fronte populista che si è creato tra M5s e Lega. Ma certo non la pensa allo stesso modo Silvio Berlusconi che ha da tempo posizionato Forza Italia su una linea certamente critica verso l’Unione europea ma che non contempla uno scenario di uscita dalla moneta unica.

IL GIORNALE

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