Parte l’assalto legastellato a Mattarella. “Il 2 giugno mille piazze contro di lui”
Foto di Mattarella staccate dagli uffici dei sindaci, dichiarazioni incendiarie, manifestazioni di protesta contemporanee della Lega e del M5S convocate per il prossimo fine settimana. L’ipotesi impeachment, la messa in stato d’accusa del presidente evocata domenica sera a caldo da Luigi Di Maio, si arricchisce ventiquattr’ore dopo il naufragio del governo giallo-verde di altre iniziative contro il capo dello Stato Sergio Mattarella. Un assedio delle forze politiche protagoniste del fallito governo che spinge il Pd a dichiarazioni di sostegno e a lanciare una contro-manifestazione per venerdì 1° giugno, «in difesa delle istituzioni democratiche e della Costituzione».
«Caro Presidente, ci rivedremo tra qualche mese. Saremo di più, più forti e il governo lo facciamo», la promessa minacciosa di Matteo Salvini. Comincia la giornata in radio, la prosegue in tv da Barbara D’Urso dove si alterna con il compagno di disavventura Luigi Di Maio, dichiara entrando e uscendo dalla Camera, dove ha una riunione proprio con il leader stellato: attacchi che vanno da «Mattarella come don Abbondio ha detto: “Questo governo non s’ha da fare”» (e pazienza se in realtà lo disse il bravo di Don Rodrigo) a «Mattarella arbitro che parteggiava per una squadra» al lancio dell’hashtag da usare sui social #ChiedeteaMattarella per far pressione sulla data del voto: come se in questi giorni il presidente non avesse già il suo da fare a smistare insulti e minacce che il web gli vomita addosso.
Arriva il deputato Paolo Grimoldi a proporre agli amministratori del Carroccio di togliere la tradizionale foto di Mattarella dagli uffici pubblici – e qualcuno lo fa – mentre Salvini, che oggi per la prima volta riunirà il Consiglio federale a Roma, annuncia manifestazioni il 2 e 3 giugno: «Avevamo prenotato mille piazze per spiegare cosa volevamo fare al governo. Andremo lo stesso dicendo come non lo stiamo facendo per colpa di qualcuno».
In una gara a chi si intesta la posizione più anti-Colle, anche Di Maio chiama alla «mobilitazione» e a un «grande evento» a Roma sabato 2 giugno. E, come atto di resistenza, invita ad appendere il tricolore alle finestre. Pur essendo stato in queste settimane in maggiore sintonia con il Colle, si lancia in attacchi per un «atto ignobile»: la notte, dice, «più buia della Repubblica italiana», in cui il capo dello Stato avrebbe «scavalcato le sue prerogative costituzionali». Rilancia ancora una volta l’impeachment su cui vorrebbe la collaborazione di Salvini (che invece è tiepido: Roberto Calderoli punta più alle conseguenze della mancata fiducia del governo Cottarelli: «Quando prenderà solo 50 voti, qualcuno dovrà prendersi la responsabilità, il presidente dovrà dimettersi»).
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Certo, pure i Cinque Stelle rinviano la procedura forse «tra qualche giorno», forse «andrebbe messo in stato d’accusa qualche consigliere di Mattarella ma non esiste questo istituto». Ma restano all’attacco del Quirinale: Di Maio dice in tv che al posto di Savona al ministero dell’Economia aveva proposto al presidente gli economisti della Lega Bagnai o Siri; a stretto giro arriva la smentita del Colle: «Non sono mai stati fatti quei nomi». Poco più tardi, sempre in tv, Alessandro Di Battista insiste e aggiunge il carico: «Se il Quirinale smentisce vuol dire che mente, potrò essere anche accusato di vilipendio». Toni che annunciano una campagna elettorale rovente.
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