Finto l’omicidio del reporter che sfida Putin: “Salvato da Kiev”
Colpo di scena. Arkady Babchenko è vivo. Il giornalista russo anti-Cremlino che tutti credevano fosse stato ucciso martedì sera all’ingresso del suo appartamento di Kiev, ieri pomeriggio è comparso a sorpresa in una sala stampa gremita di reporter increduli.
L’omicidio? Una trappola tesa a coloro che volevano veramente ammazzarlo e conclusasi con successo con l’arresto di un uomo, spiega il capo dei servizi segreti ucraini Vasyl Gritsak, secondo cui a volere morto Babchenko era il governo russo. «Un’operazione di propaganda», ribattono da Mosca.
La battaglia fra 007
Stando agli 007 di Kiev, per organizzare l’omicidio gli agenti segreti russi avrebbero versato 40.000 dollari a un cittadino ucraino identificato come «Mister G». Questi si sarebbe a sua volta messo alla ricerca di un killer tra i suoi conoscenti, testando il terreno anche tra i veterani del conflitto nel Donbass. Alla fine avrebbe trovato un uomo disposto a premere il grilletto e a far fuori Babchenko in cambio di 30.000 dollari. I servizi di sicurezza ucraini sarebbero intervenuti proprio in quel momento: venuti a sapere del piano, avrebbero convinto a passare dalla loro parte colui che si accingeva a commettere il delitto e avrebbero simulato l’omicidio in modo da arrestare l’organizzatore. Sempre secondo Kiev, l’uomo finito in manette progettava l’uccisione di ben 30 cittadini russi in Ucraina su mandato del Cremlino.
Babchenko, emozionato, durante la conferenza stampa ha ringraziato gli agenti ucraini per avergli «salvato la vita» e ha chiesto scusa ad amici e parenti per averli fatti soffrire. «Sono stato costretto a seppellire molti amici e molti colleghi e conosco il terribile sentimento che si prova», ha detto il giornalista, che ha una grande esperienza da corrispondente di guerra e negli anni ‘90 ha combattuto in Cecenia con le truppe russe. «Mi dispiace, ma non c’era alternativa», ha aggiunto, chiedendo scusa in particolar modo alla moglie Olga per averle fatto vivere «un inferno».
Il ruolo della moglie
La donna comunque sapeva della messinscena e ha collaborato. Era stata lei, secondo la prima versione della polizia, a scoprire il marito in fin di vita e in un lago di sangue, colpito a morte da tre proiettili sparati alla schiena. Le forze dell’ordine martedì avevano raccontato che il giornalista era deceduto poco dopo in ambulanza. In realtà, stava benissimo. Il 41enne era in costante contatto con i servizi ucraini da un mese, e questi già da due erano all’opera per sventare i presunti piani criminali russi. Ovviamente fermamente smentiti da Mosca.
Babchenko è senz’ombra di dubbio un giornalista scomodo per il Cremlino: ha più volte criticato il sostegno militare russo ai separatisti del Donbass e l’intervento di Putin nella guerra in Siria al fianco del regime di Assad. Nel dicembre del 2016 finì al centro di una campagna d’odio in patria per aver scritto su Facebook di essere indifferente alla tragedia aerea in cui morirono i membri del coro dell’Armata Rossa diretti in Siria per cantare per le truppe russe. Qualche mese dopo, sommerso da offese e minacce, decise di lasciare la Russia, e, dopo una breve parentesi a Praga, si rifugiò a Kiev. Adesso le autorità ucraine hanno promesso di proteggerlo.
Da quando la Russia si è annessa la Crimea e ha fornito il suo appoggio ai miliziani filorussi del Donbass, il governo di Kiev e quello di Mosca non hanno mai perso occasione per rivolgersi le accuse più pesanti e fantasiose. Ciò che raccontano i servizi ucraini sul caso Babchenko non è verificabile, ma è plausibile. Negli ultimi anni in Ucraina sono stati assassinati diversi giornalisti, attivisti e politici, sia filorussi sia filo-Kiev. La decisione dei servizi ucraini di simulare la morte di un giornalista ha però sollevato aspre polemiche. Anche Reporter senza frontiere ha criticato la mossa di Kiev bollandola come «una esibizione patetica» che «non aiuta la libertà di stampa».
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