Il dilemma di Draghi

La crisi italiana mette la Bce davanti a un vero e proprio dilemma, acuito proprio dalla nazionalità del suo presidente: Mario Draghi. A scriverlo è il Financial Times, che parla di “scelte difficili” sul tavolo di Eurotower, che deve tracciare una linea fra “il contenimento delle turbolenze sui mercati” da un lato e l’avvio dei piani “per porre fine alla politica di sostegno monetario” adottata nel periodo della grande crisi.

Mario Draghi, sottolinea il quotidiano della City, governatore della Banca d’Italia prima della sua nomina alla Bce, conosce meglio di chiunque altro l’importanza del suo Paese per la stabilità dell’Eurozona. I timori degli investitori sull’Italia sono stati predominanti nella crisi dell’euro che ha caratterizzato il mandato di Draghi a Francoforte, inducendolo alla sua celebre promessa – “whatever it takes”, tutto quel che è necessario – per salvare la moneta unica. Ora i timori sulla stabilità politica dell’Italia stanno gravando nuovamente sui mercati, con gli investitori davanti a una probabile coalizione populista al Governo a Roma o addirittura nuove elezioni che a tutti gli effetti sarebbero un referendum sull’euro.

Il “whatever it takes” di Draghi, un discorso passato alla storia (VIDEO)

Se all’inizio dell’anno negli auspici della Bce c’era, a seguito di un rafforzamento della crescita dell’Eurozona e di un clima politico clemente, di allentare gradualmente il programma di acquisti di titoli di Stato (Quantitative easing) e riprendere ad alzare i tassi di interesse, seguendo la Fed e la BoE nella normalizzazione della politica monetaria, ora la tempistica – già minacciata dal rallentamento della crescita nei primi mesi del 2018 – è messa ulteriormente in dubbio dagli eventi di Roma, che assiste a uno spread crescente e minaccioso che aumenta i costi di finanziamento del debito pubblico. “Ce ne è abbastanza per la Bce per adottare una strategia più cauta rispetto alle previsioni, ora prevediamo che il primo aumento dei tassi arrivi nel settembre 2019” dice un economista di Nomura.

Quando Draghi nel 2013 diceva: “I mercati non temono il voto, è la democrazia” (VIDEO)

L’altra parte del dilemma per la Bce si aprirebbe sulla risposta da dare qualora gli eventi politici romani causassero timori ancora maggiori fra gli investitori – ad esempio se la speculazione sull’uscita dall’euro innescasse una fuga dai depositi delle banche italiane, molti dei quali rimangono in cattive acque. Uno strumento per la Bce sarebbe il programma “Outright Monetary Transaction”, annunciato proprio nel corso del celebre discorso di Draghi sul “whatever it takes”: si tratta dell’acquisto diretto da parte della Bce di titoli di stato a breve termine emessi da paesi in difficoltà macroeconomica grave e conclamata. Questo avverrebbe solo se l’Italia avviasse un programma di aiuto finanziario o un programma precauzionale con Bruxelles, qualcosa che un Governo guidato da M5S e Lega vedrebbe come anatema.

Per quanto riguarda il QE, prosegue ancora il Ft, da quando il programma è iniziato nel marzo 2015 la Bce ha acquistato 341 miliardi di euro in bond italiani e compra ancora a un ritmo di 4 miliardi al mese. Ma questo dato è destinato a scendere da settembre, con l’annunciato rallentamento delle operazioni di acquisto. Sta aumentando in questi giorni la pressione, soprattutto tedesca, sul presidente della Bce perché si ponga fine al QE. Il 14 giugno sarà una prima data, a Riga, per discutere di questo. I falchi sostengono che l’aumento dello spread italiano sia conseguenza del rischio politico, non è materia a cui la Bce debba dare soluzione.

L’aumento generalizzato dell’inflazione, e soprattutto in Germania, è oltretutto un altro elemento che induce a chiedere uno stop.

Gli ultimi dati Eurostat e Istat. Impennata dell’inflazione a maggio, che sale all’1,9% dall’1,2% di aprile nell’Europa a 19. Lo comunica Eurostat nella sua stima flash. E’ l’energia ad avere l’impatto maggiore (6,1%, rispetto al 2,6% di aprile), seguita da cibo, alcol e tabacco (2,6%, rispetto a 2,4% di aprile), servizi (1,6%, dall’1%) e beni industriali non energetici (0,2%, da 0,3%). In Italia l’inflazione a maggio registra una “significativa” accelerazione, salendo all’1,1% dallo 0,5% di aprile. Il tasso è quindi più che raddoppiato in un solo mese, trainato dai rincari degli alimentari, in particolare freschi, e da quelli di benzina e gasolio. Su base mensile l’aumento dei prezzi è dello 0,4%.

Nel frattempo il Sole 24 Ore scrive che l’Italia sta muovendo la Cassa Depositi e Prestiti, intensificando gli acquisti sui bond proprio per arginare lo spread. Da circa una settimana, quella più calda sul fronte del differenziale tra i rendimenti di Btp e Bund, in stretto coordinamento con il Tesoro, la Cdp sta comprando sul secondario titoli con varie scadenze, medio termine sui Btp a 5 e 10 anni, ma anche sui breve con i Bot. Un incremento di attività stimato pari al 20-25%, con acquisti che in alcune giornate hanno comportato investimenti dell’ordine di diverse centinaia di milioni di euro. Anche Poste sta operando in questi giorni sui titoli di Stato.

L’HUFFPOST

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