Ecco il “cambiamento”: un governo tecnico camuffato da politico

Se si guarda alle iperboliche premesse di Luigi Di Maio («Stiamo scrivendo la storia») e all’enfasi di Matteo Salvini sulle «tre settimane di lavoro» per scrivere il dettagliato contratto, lo spartito suonato ieri da Lega e M5s si colloca due ottave sotto e anche di più.

Non solo per l’uso del formulario da Prima Repubblica («Ci sono tutte le condizioni per un accordo politico», recitava la nota congiunta), ma soprattutto per l’evidente discrasia tra un sedicente «governo del cambiamento», dunque un esecutivo che segni un progresso o quantomeno un’innovazione, e la realtà che si profila.

L’accordo politico, infatti, porterà alla formazione di un gabinetto ad alto tasso tecnico, inteso come provenienza esterna al Parlamento dei suoi protagonisti. A partire dal premier incaricato, il professor Giuseppe Conte, un civilista che si appresta a eseguire e a tradurre in atti di indirizzo l’orientamento espresso dal contratto. E, soprattutto, molto tecnica è la «staffetta» che si profila al ministero dell’economia tra il professor Paolo Savona, dirottato agli Affari europei, e il professor Giovanni Tria, preside della facoltà di Economia dell’Università di Roma Tre. È certo meno eterodosso del vulcanico Savona e più rassicurante per i mercati anche se il surplus tedesco non gli garba. Di recente ha sostenuto la flat tax senza bocciare il reddito di cittadinanza nella sua versione «indennità di disoccupazione 2.0». Più critico sull’abolizione della riforma Fornero perché la sua bussola è la sostenibilità. Non sorprenderebbe, perciò, se avallasse l’aumento dell’Iva per finanziare queste promesse.

Il più «tecnico» di tutti è Enzo Moavero Milanesi, ministro degli Esteri, uomo-ombra di Mario Monti prima ed Enrico Letta poi. Conoscitore dei segreti di Bruxelles, lo stigma tecnico prevale su quello di onesto civil servant: tant’è vero che è stato fino all’ultimo in ballottaggio con l’ambasciatore a Mosca Pasquale Terracciano. Sarà divertente vederlo giocare il «doppio misto» con Savona agli Affari Ue, come preannunciato da Salvini. Di matrice tecnica sono pure: Elisabetta Trenta, pentastellata alla Difesa già consulente della task force in Irak, il generale dei Nas Sergio Costa all’Ambiente (lo scopritore della Terra dei fuochi) e il provveditore agli studi di Milano in quota Lega all’Istruzione, Marco Bussetti.

Quella della politica si può interpretare anche come una ritirata strategica in stile Seconda Repubblica. Poiché la maggioranza Lega-M5s (al netto di eventuali astensioni benevole di Fdi) è risicata soprattutto al Senato, bisogna risparmiare parlamentari all’interno della compagine governativa. Non è un caso che per i futuri posti da sottosegretario si stia facendo scouting tra tutte le parti sociali (sindacati, associazioni datoriali e mondo della cooperazione) in modo da unire l’utile di Palazzo Madama con il dilettevole del supporto dei grandi stakeholder.

Forse «cambiamento» è una parola ambiziosa. Saranno i fatti a dare una risposta precisa stabilendo se qualche proposta del programma di centrodestra (di cui la Lega continua a far parte) sarà traghettato nella nuova fase. La fermezza di Salvini all’Interno, la ragionevolezza di Tria, l’attenzione di Centinaio alle Politiche agricole e la regia di Giorgetti come sottosegretario alla Presidenza del Consiglio potrebbero essere travolte dall’inesperienza del superministro Di Maio, del grillino Toninelli alle Infrastrutture e dal giustizialista Bonafede. Intanto, però, la nave è partita.

IL GIORNALE

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