Conte parte dal dossier di 33 pagine di Gentiloni: “Non siamo marziani”
Si comincia da una frana. L’avventura del professor Giuseppe Conte, presidente del Consiglio del governo pentaleghista, inizia dai comuni di Madesimo e Campodolcino, con la firma della delibera che stabilisce lo stato d’emergenza per l’aggravamento di una frana in provincia di Sondrio. Una formalità o poco più nel primo tradizionale consiglio dei ministri, che i presenti si augurano sia di buon auspicio.
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Conte ha poi ricevuto da Gentiloni un fascicolo di 33 pagine contenente tutti i dossier aperti, le conquiste ottenute dal precedente governo, i capitoli ancora aperti. Ilva, Alitalia, le nomine ai vertici di aziende a authority. È una mappa e il nuovo premier dovrà decidere come orientarsi. La settimana prossima andrà a guadagnarsi la fiducia delle Camere, poi, giovedì, partirà per il G7. Sarà l’osservato speciale, anche per curiosità, nel gruppo dei sette grandi che si riunirà a La Malbaie, in Québec. Sa di portarsi addosso un pregiudizio che ogni giorno i quotidiani di tutti il mondo sintetizzano in un semplice titolo: «I populisti al governo». E tenterà di cancellarlo, di dimostrare«che non siamo pericolosi populisti». Come «non siamo marziani – ha ribadito ieri ai giardini del Quirinale stringendo centinaia di mani alla cerimonia per il 2 giugno – Rassicureremo tutti e ci rafforzeremo in Europa».
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L’agenda di giugno è il primo test, declinato a livello internazionale, con il vertice canadese e il Consiglio europeo del 28. Conte andrà in cerca di alleanze in Europa, spingerà sulla sintonia con il presidente francese Emmanuel Macron, l’unico ad averlo chiamato durante il primo breve incarico andato a vuoto. Ma potrà farlo solo canalizzando le intemperanze anti-europee della Lega su bilancio, trattati e migranti. L’estate degli sbarchi è alle porte, Salvini scalpita al Viminale e già parla di tagli miliardari alle risorse riservate per l’accoglienza. L’Italia di Conte si gioca tanto all’estero, sulla credibilità fondata su una promessa che dovrà ribadire ovunque: «L’euro non è in discussione».
Conte sa che dovrà barcamenarsi tra le bizzarrie di due leader in campagna elettorale permanente, e trovare ogni volta una sintesi efficace. Certo, ci saranno misure simboliche, concessioni alle battaglie grilline e leghiste, come il taglio alle auto blu e ai voli di Stato, da sempre delizia programmatica del M5S. Se n’è accennato già ieri a margine del consiglio dei ministri. Sul fronte interno Conte vuole tracciare subito un percorso personale indicato ieri mattina, nel giorno della sua incoronazione, quando prima di entrare a Montecitorio dove lo attendeva il presidente Roberto Fico si è fermato a salutare i lavoratori della Fedex, in protesta dopo l’annunciaio del licenziamento di 316 dipendenti. «Il mio cuore è a sinistra» disse a febbraio quando salì sul palco dell’Eur, scelto da Di Maio come ideale ministro della Pubblica amministrazione. Alla fine è salito di grado, in un ruolo unico nella storia, in coabitazione con un partito lontano dal suo dna come la Lega e subordinato a un contratto. Il professore sa che solo la riconquista dei diritti sociali potrà salvare questo esperimento impossibile.
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