Sergio Mattarella è l’unico vincitore: perché ha trionfato

Sergio Mattarella ha finalmente un motivo per festeggiare. Voleva evitare il ritorno anticipato alle urne, voleva che nascesse un esecutivo politico sorretto da partiti forti, ritenuto più corazzato per affrontare eventuali crisi finanziarie, e si era imposto affinché il ministro dell’ Economia non fosse Paolo Savona, bensì un difensore convinto della permanenza dell’ Italia nell’ euro: ha ottenuto tutti questi obiettivi. L’ estremo tentativo di mediazione affidato a Luigi Di Maio e manovrato dal Colle, anche tramite il presidente della Camera Roberto Fico, ha funzionato: il governo Conte nasce oggi e Giovanni Tria, indicato come nuovo responsabile del Tesoro, sulla carta offre tutte le garanzie.

Basta leggere quanto lo stesso Tria ha scritto in un documento firmato lo scorso luglio assieme a Gianfranco Polillo: «Per fortuna le tesi del “no euro” o dell’ Italexit sono state solo una bolla di sapone. Chi, per fini polemici, si era attestato su questa sponda, è stato costretto a fare marcia indietro ed ora parla della necessità di una semplice riforma dei Trattati. Ipotesi con cui non è difficile concordare. Ma negoziare in Europa significa dimostrare un’ affidabilità maggiore di quella finora mostrata…».

Paletti rispettati – Propositi coincidenti con quelli pretesi dallo stesso Mattarella, dopo aver bocciato Savona e congedato il professor Giuseppe Conte: il ministro dell’ Economia avrebbe dovuto essere «un autorevole esponente politico della maggioranza che non sia visto come sostenitore di una linea, più volte manifestata, che potrebbe provocare la fuoruscita dell’ Italia dall’ euro. Cosa ben diversa da un atteggiamento vigoroso, nell’ ambito dell’ Unione europea, per cambiarla in meglio dal punto di vista italiano…». A parte il suo essere tecnico, e non politico, Tria soddisfa i requisiti richiesti.

L’ altra casella “attenzionata” dal presidente della Repubblica era la Farnesina. Con l’ arrivo al governo di una coalizione apparentemente più vicina a Mosca che a Washington, Mattarella voleva un ministro degli Esteri di indiscussa fede atlantica ed europeista. Incassa Enzo Moavero Milanesi, che fu ministro per gli Affari Europei nel governo di Mario Monti e poi in quello di Enrico Letta, nonché sfortunato candidato nella lista guidata dal professore bocconiano alle elezioni del 2013. Uno che semmai dovrebbe far torcere le budella alle basi grillina e leghista, ma che al Quirinale va benissimo.

A parte i nomi, nella colonna degli attivi Mattarella segna la fine ufficiale delle ostilità con una parte del Paese e il mantenimento del potere di veto sulla nomina dei ministri, che ritiene una prerogativa costituzionale intoccabile della presidenza della Repubblica.

Savona ridimensionato – In cambio di questi risultati, la permanenza di Savona nel governo, in un ministero comunque subordinato a quello di Moavero, è un prezzo assai conveniente da pagare, tanto che era stato lo stesso Mattarella a concordarla assieme a Di Maio. Sempre ammesso, s’ intende, che l’ orgoglioso professore sardo accetti il declassamento al ministero degli Affari Europei e non preferisca chiamarsi fuori.

È il minimo, insomma, che dagli uffici del Quirinale, a fine serata, trapeli che il capo dello Stato è complessivamente soddisfatto per l’ esito della vicenda. Solo pochi giorni fa, Di Maio e il popolo grillino schiumavano rabbia e annunciavano la messa in stato d’ accusa per Mattarella, mentre Matteo Salvini prometteva che mai avrebbe ceduto sul nome di Savona all’ Economia. Questo pomeriggio, alle 16, i due leader saranno lì, assieme a Conte, a Tria, a Moavero e agli altri, a giurare nelle mani del presidente della Repubblica. Gli ingredienti per futuri scontri istituzionali ci sono tutti, ma oggi e domani, festa della Repubblica, si fingeranno concordia e sorrisi.

di Fausto Carioti

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