I debuttanti alla prova del Palazzo
di Luigi Bisignani
Caro direttore, l’accordo di potere tra M5Stelle e Lega è ben diverso dalla gestione del potere che il trio Conte-Di Maio-Salvini sono chiamati a declinare. Affinché questo esperimento vada in porto ci sono alcune incognite sempre che regga il patto di sangue tra Giggino e Matteo. In primo luogo la strana coppia, Conte-Giorgetti. Mai a Palazzo Chigi era arrivato un duo di comando che non fosse già in sintonia da prima. La rigida puntigliosità di Conte funzionerà con il simpatico dinamismo del suo sottosegretario, massimo esperto di marchingegni parlamentari ma a digiuno di meccanismi governativi? Giorgetti sicuramente ha subito capito che per avere successo dovrà fare il contrario di chi l’ha preceduto, Maria Elena Boschi, la zarina che ha creato un muro invalicabile con tutta l’Amministrazione e nel Palazzo.
Poi Conte, con i suoi modi sospettosi e intransigenti riuscirà a sintonizzarsi con i suoi ingombranti vice premier? E l’impetuoso Paolo Savona starà al suo posto o vorrà fare il fratello maggiore che tutto sa di economia e di intelligence, cercando di mettere in un angolo il mite ministro dell’Economia e quella della Difesa? Riuscirà invece il professor Giovanni Tria a tenere deficit e debito sotto controllo e a rispettare anche quel «braccio preventivo» che gli ricorderà sempre il collega degli Esteri, che di Europa sa molto più di Savona?
Quanto alla capitana Elisabetta Trenta, quali lobby si stanno già muovendo dietro agli attacchi che le sono stati mossi dal Belgio e dalla Francia insinuando sue partecipazioni attive nel reclutamento di legionari in Libia e mettendo in controluce l’onesto lavoro del marito, capitano dell’esercito che si è occupato di grandi commesse? Per indebolirla è forse già partita la battaglia finale per il controllo di Tripoli che vede la Francia in prima linea proprio contro l’Italia?
E, proprio sulla Libia, come si destreggerà il neo-ministro dell’Interno, visto l’attivismo del suo predecessore Minniti? Come collaboreranno con lui i prefetti che voleva abolire? E il montiano ministro degli Esteri, Moavero Milanesi, ben lontano dalle posizioni dei due partiti populisti, lascerà la scena sullo scacchiere del Mediterraneo a Salvini o pretenderà di nuovo, a differenza di Angelino Alfano, la leadership per la Farnesina?
E sui temi dell’immigrazione con il nuovo corso giallo-verde il Vaticano di Bergoglio comincerà a bombardare il Viminale nel nome della Misericordia? E quale atteggiamento avranno le forze armate di fronte al «carabiniere forestale» Costa, bravo investigatore nella terra dei fuochi e ora all’Ambiente che, dopo l’inconsistente Galletti, dovrebbe tornare ad essere un dicastero «pesante», stando al contratto, e occuparsi anche di Ilva? E Di Maio riuscirà a mettere ordine in quel casino di tavoli di crisi, dalla stessa Ilva all’Alitalia, che gli ha lasciato irrisolti l’irascibile ed evanescente Calenda? La comunità scientifica apprezzerà in tema di vaccini le posizioni interlocutorie di Giulia Grillo? E quella tecnologica si ribellerà per la mancanza di un Ministro digitale? Ed il mondo dei trasportatori, degli appalti e delle concessioni, come reagirà alle spinte del neo-ministro Toninelli ben contrario, a differenza dei leghisti, alle grandi opere che portano occupazione? Che farà, per esempio, con la riforma del Codice degli appalti?
Aspettiamo di vedere alla prova dei fatti come si svilupperanno le mille contraddizioni del vascello Conte che sta per andare in mare aperto. Dalla sua ha un’alta dirigenza pronta a collaborare, visto che nei posti chiave della burocrazia stanno tornando vecchi mandarini che sapranno consigliare questa ciurma di belle speranze. E poi due grandi alleati: l’opposizione, da Berlusconi a Martina, che non esiste e il pattuglione melmoso dei parlamentari che si inventerà qualsiasi formula per non tornare al voto. Auguri da chi, come me, aveva anticipato questa Santa alleanza dal 2015, tenendo conto che una cosa sono i tweet, altro i decreti attuativi. Renzi docet.
IL TEMPO