L’informazione e i guappi
La stravaganza dei tempi è tale che, quando salta su uno e dice un’ovvietà, il mondo si ferma a bocca aperta. E così stavamo, ieri mattina, davanti a Gaia Tortora in diretta da Omnibus, La7. Era successo che aveva in studio degli ospiti fra cui nessuno della maggioranza di governo, e da casa, arsi dal sacro fuoco della giustizia, le scrivevano in lessico spiccio, diciamo così, per esortarla a ristabilire la par condicio (perdonate la pedanteria dell’espressione).
E Gaia, da sempre corazzata di metallo prezioso, invece di ristabilire la par condicio ha ristabilito le basi della convivenza civile: qui chiunque è il benvenuto, ha detto, ma secondo le nostre regole, e cioè si partecipa al dibattito con gli altri. «Se non partecipate al dibattito, facciamo a meno di voi». Un tripudio. Un’ovvietà e un tripudio. Da secoli si assiste a questi talk, tutti molto ben congegnati, per carità, in cui a un certo punto compare uno, in collegamento dalla stratosfera, tendenzialmente un cinque stelle, che dice tutto quello che gli va di dire senza l’incomodo di risponderne.
Gaia Tortora a Lega e M5s: “Se non partecipate al dibattito facciamo a meno di voi”
E ogni tanto inquadrano gli ammutoliti in studio, ammutoliti dallo stupore e dal protocollo, che tanto vorrebbero contraddire o precisare ma niente, nella stratosfera non arriva il segnale: l’Ufo Robot chiude il soliloquio e torna in pizzeria. Ora, va detto che non è soltanto costume dei cinque stelle. Ci provano un po’ tutti. E spesso ci riescono. E se non ci riescono, ottengono almeno di scegliersi gli interlocutori secondo affinità e simpatie.
Ogni conduttore di approfondimento politico gira col suo armamentario aneddotico, costruito in anni di veti, ricatti, se c’è lui non vengo io, con tal giornalista non parlo, il tal parlamentare non lo voglio nemmeno vedere. E siccome c’è da fare ascolti e tirare avanti la baracca, si gioca agli incroci per accontentare tutti. Poi però è arrivata l’evoluzione della specie, il cinque stelle che originariamente aveva l’ordine di non mischiarsi al nemico, dal quale sarebbe stato inquinato e col quale si sarebbe confuso; ma siccome il cinque stelle faceva e fa gola, e giustamente, si trovò la soluzione: il collegamento dalla stratosfera. E una volta e due e diecimila, poi la cosa è cominciata a essere fastidiosa. Perché si è finito col confondere drammaticamente l’informazione con la comunicazione.
Per la comunicazione c’è l’addetto stampa, il comizio, il tweet, la diretta Facebook, ci sono mezzi nuovi e sempre più efficaci. Per l’informazione c’è il giornalismo che, sebbene spesso non dia buona prova di sé, e sebbene abbia il dovere di far quadrare i bilanci, rimane uno strumento della democrazia e non un supermercato che fa il tre per due. Un politico Facebook lo usa come gli pare, la tv e i giornali no. In tv e sui giornali si va secondo le regole delle tv e dei giornali. Se si vuole andare in un talk ci si va per confrontarsi con gli altri, per misurare le opinioni con le opinioni divergenti, e lo si fa a garanzia di chi segue da casa, che per maturare un giudizio non ha bisogno di imbonitori ma di contendenti. Oppure c’è un’ottima alternativa: non ci si va, ma si evita di chiamare a raccolta i cosacchi. Soprattutto se si è diventati forza di governo, e il caso presuppone più il dovere di rispondere che il diritto di proclamare.
Poi, intendiamoci, liberi tutti. Nessuno ha in mano la bibbia del giornalismo. Se ci sono titolari di trasmissioni televisive che preferiscono il collegamento dalla stratosfera lo facciano. In fondo non c’è nessuno come loro tanto esposto alle valutazioni e ai capricci della clientela, e niente è peggio che imporre una coscienza collettiva e un’arbitraria liturgia. Però la coscienza di Gaia Tortora e la sua liturgia – venite, avrete porte spalancate, ma non secondo le vostre pretese da guappi – ci sono sembrate l’ovvietà, e dunque il capolavoro.
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