Canada, al via il G7: la prima volta del premier Conte | In agenda dazi, Iran e clima
Oggi e sabato in Canada si tiene il G7, il summit che riunisce i capi di Stato e di governo dei 7 Paesi più industrializzati al mondo. Un vertice “in salita”, in cui farà il suo debutto il premier italiano Giuseppe Conte. In agenda la questione dazi, Iran e clima, tre dossier dove c’è una notevole distanza tra i leader mondiali e Trump. La Casa Bianca, infatti, ha fatto sapere che si sta valutando se il presidente debba firmare il documento finale.
Se al summit di Taormina fu faticosamente raggiunto un documento finale a sette, limato fino all’ultimo, dal quale restò fuori solo il clima, a Carlevoix si pensa già che la dichiarazione comune non ci sarà affatto. “Ci si sta lavorando”, ha detto la cancelliera tedesca Angela Merkel, ma ci sono troppi “dissensi”. Percezione confermata anche dalla Casa Bianca. Post, il tycoon va in Canada tutt’altro che disposto a ricevere lezioni dagli altri leader, tanto da aver addirittura considerato per qualche giorno l’ipotesi di disertare l’appuntamento, inviando il suo vice Mike Pence, come fece per il summit dei leader dell’America Latina in Perù.
Il debutto di Conte – Al summit ci sarà per la prima volta Giuseppe Conte. Nonostante le antiche polemiche del M5s sui voli blu, il presidente del Consiglio viaggerà su un aereo di Stato ma non “quello di Renzi”, precisano i 5 Stelle che assicurano di aver tentato fino all’ultimo di provare ad organizzare la trasferta con voli di linea. In ogni caso, assicura il M5s, è intenzione del premier utilizzare il più possibile voli di linea soprattutto per le tratte più brevi.
Conte porta porta in Canada le cartelline preparate dai diplomatici di Gentiloni ma la linea politica gialloverde che su molti dossier (vedi i dazi) rappresenta ancora un’incognita per gli alleati.
Da Roma Salvini detta linea sui dazi – Conte avrà gli occhi puntati su di lui per l’etichetta di essere premier di un governo euro-scettico, “populista” e aperturista verso la Russia di Vladimir Putin. E da Roma Matteo Salvini detta la linea e smarca l’Italia dall’Ue sulla contrarietà totale ai dazi imposti da Donald Trump: “Le politiche commerciali – afferma il vicepremier – vanno ristudiate. L’Italia è una potenza che esporta e quindi va protetto il Made in Italy e credo che le politiche di Trump siano soprattutto per arginare la prepotenza tedesca. L’Italia non deve subire né l’una né l’altra manovra”.
Incontri bilaterali con gli altri leader – Il neo presidente del consiglio, che avrà bilaterali con Angela Merkel e Donald Trump, Emmanuel Macron, Angela May e Justin Trudeau, non si mostra affatto intimorito, determinato a farsi subito “portavoce degli interessi dei cittadini italiani” e convinto che “la prima posizione dell’Italia sarà farsi conoscere, la seconda farsi rispettare”. Ma le aspettative sono altissime.
Questione dazi – Del resto il maggior dissenso parte proprio da quei dazi che, direttamente o indirettamente, colpiscono tutti i leader presenti: Canada (gli Usa stanno anzi valutando ulteriori misure contro il Paese che ospita il summit), Giappone, Germania, Francia, Italia e Gran Bretagna. Secondo molti osservatori, minacciano gli stessi progressi compiuti dal G7 con la Cina e le sue pratiche commerciali. Nulla però fa pensare ad un possibile spiraglio dopo il fallimento del summit dei ministri delle Finanze nel quale gli Usa non sono arretrati di un millimetro sulle tariffe imposte a Europa e Canada su acciaio (del 25%) e alluminio (del 10%) dal primo giugno. La risposta dell’Ue – che va a colpire il cuore del dei prodotti a stelle e strisce, dai jeans Levi’s alle moto Harley Davidson – partirà da luglio. Il G7 potrebbe rappresentare l’ultimo momento utile per trovare un compromesso. Ma Trump si presenta a Charlevoix con la minaccia più temuta: la possibilità di estendere i dazi alle auto importate da Europa e sud-est asiatico. Una misura, hanno avvertito Tokio e Bruxelles, che porterebbe gravi turbolenze sul mercato globale e determinerebbe la fine del Wto.
Il dossier sul nucleare iraniano – Lontanissimi i leader degli altri Paesi e sempre Trump anche sull’uscita degli Usa dall’accordo sul nucleare iraniano. La risposta europea non è stata solo politica. Bruxelles ha subito messo in sicurezza le aziende europee, applicando lo ‘statuto di blocco’, la norma volta a neutralizzare gli effetti extra-territoriali delle sanzioni Usa e aggiornando il mandato sul prestito esterno della Banca europea per gli investimenti (Bei), rendendo l’Iran un Paese candidabile alle attività di investimento. L’inquilino della Casa Bianca rimane però irremovibile anche su questa decisione, che in un giorno ha demolito uno dei capisaldi di Obama. L’altro era l’accordo di Parigi sul clima, rimasto fuori dal comunicato congiunto di Taormina e che di certo non rientrerà in quello (se ci sara’) di Clarlevoix.
Crescita, lavoro e parità di genere saranno forse gli unici temi sui quali non ci saranno eccessive spaccature. Anche all’interno dei Paesi europei le distanze non sono poche. A cominciare dall’immigrazione, con la spaccatura totale sulla riforma del regolamento di Dublino. Proseguendo con il rapporto nei confronti della Russia. Temi fuori dall’agenda del G7 ma che entreranno certamente nei bilaterali che Conte avrà con la Merkel e con il presidente della Commissione europea Jucker, soprattutto dopo le turbolenze degli ultimi giorni per l’apertura dell’Italia al Cremlino.
TGCOM