“Da oggi l’Italia inizia a dire no”. Così Salvini ha chiuso i porti

Dopo le parole, i fatti. Sabato Matteo Salvini aveva promesso che questa non sarebbe stata un’altra estate di sbarchi e aveva puntato l’indice contro Malta: «Non dà disponibilità all’attracco nei suoi porti e arrivano tutti da noi.

Ma qui o si seguono le regole o si cambiano, non starò a guardare perché gli italiani ne hanno le scatole piene».

E così, al terzo giorno di emergenza, lo scontro con l’isola-Stato è arrivato al culmine. Motivo del contendere sono altri 629 migranti, salvati nella notte e poi presi a bordo dalla nave Aquarius della Ong «Sos Méditerranée», che batte bandiera di Gibilterra e ha a bordo personale di Medici Senza Frontiere. Con una lettera urgente spedita nel primo pomeriggio di ieri il ministro dell’Interno ha sollecitato le autorità maltesi chiedendo di far approdare il natante – che in quel momento si trovava a circa 43 miglia da Malta – «nel porto più sicuro», ossia quello di La Valletta. L’Italia stavolta non offrirà approdi, hanno deciso di comune intesa Salvini e il ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli.

I maltesi però come al solito fanno orecchie da mercante. «Siamo troppo piccoli per poter sostenere i costi degli sbarchi», dicono, perciò si riservano di non ritenere vincolanti le linee guida dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni e non hanno ratificato gli emendamenti alle Convenzioni Sar e Solas del 2014. Ancora venerdì avevano offerto assistenza in mare ma non l’ingresso in porto alla nave Seefuchs, che trasportava 126 migranti ed era in difficoltà per il mare grosso: alla fine era intervenuta la Guardia costiera italiana scortandola fino a Pozzallo.

In questo caso, comunque, il governo di La Valletta si è attaccato a un ulteriore cavillo: «Il salvataggio della Aquarius è avvenuto nell’area libica ed è stato coordinato dal centro di coordinamento di soccorso a Roma e quindi Malta non è né l’autorità coordinatrice né è competente per questo caso». Lo ha spiegato un portavoce intorno alle 17.30 e un’ora più tardi ha addirittura smentito di aver ricevuto la lettera di cui sopra, che però risulta inviata dal centro di coordinamento della guardia costiera di Roma.

A quel punto Salvini ha replicato. Prima sui social, preceduto dalla parola d’ordine #chiudiamoiporti in forma di hashtag: «Da oggi anche l’Italia comincia a dire NO al traffico di esseri umani, NO al business dell’immigrazione clandestina. Il mio obiettivo è garantire una vita serena a questi ragazzi in Africa e ai nostri figli in Italia». Poi in un duro comunicato congiunto con Toninelli: «Malta non può continuare a voltarsi dall’altra parte quando si tratta di rispettare precise convenzioni internazionali. Il Mediterraneo è il mare di tutti i Paesi che vi si affacciano e non si può immaginare che l’Italia continui ad affrontare questo fenomeno gigantesco in solitudine». Linea ribadita anche dal vicepremier Luigi Di Maio: «Siamo stati lasciati soli, l’Ue non è solidale». L’ultima parola? Macché. In serata ha controreplicato il premier maltese Jospeh Muscat: «L’Italia va contro le leggi internazionali. Non accoglieremo la nave nei nostri porti».

Si tratta insomma di uno scontro frontale il cui esito rischia di creare un punto di svolta in tema di accoglienza. Si gioca sulla pelle di 629 persone mentre l’Europa tace, l’Onu si limita a dire che «salvarli è la priorità» e Sos Méditerranée prova a tirare dritto: «Aquarius si dirige verso nord seguendo le istruzioni ricevute dopo i soccorsi sotto il coordinamento di Roma. Siamo in attesa di istruzioni definitive per quanto riguarda il porto di sbarco». In nottata un altro stop. Dal Centro di coordinamento del soccorso marittimo di Roma arriva il nuovo ordine: Aquarius deve restare in stand-by a 35 miglia dall’Italia e 27 miglia da Malta.

IL GIORNALE

 

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