La moda è cultura Così Firenze inaugura il suo Pitti

Firenze «Fino a poco tempo fa si diceva che la cultura è di moda. Oggi bisogna dire che la moda è cultura» parole di Alberto Bonisoli che da dodici giorni è ministro dei Beni Culturali e del Turismo e che ha inaugurato ieri, nel Salone dei Cinquecento a Palazzo Vecchio, la 94esima edizione di Pitti Uomo a Firenze. Il neoministro, assicurando il suo impegno, ha anche aggiunto che alla moda bisogna dare attenzione. Parole rassicuranti per gli imprenditori di un settore che gode ottima salute, cresce del 3,2 per cento e si attesta su 94 miliardi di euro di fatturato.

La moda è cultura, quindi, e ieri tre eventi che lo hanno ribadito. Herno, l’azienda di Lesa sul Lago Maggiore, ha celebrato i suoi settant’anni di storia attraverso un magnifico allestimento negli spazi della Stazione Leopolda. «Sono emozionato per aver avuto la possibilità, grazie a mio padre, di innestare nuovi talenti su un heritage fatto di eccellenti maestranze» dichiara Claudio Marenzi presidente e amministratore delegato di un’impresa da 100 milioni di euro di fatturato, che dà lavoro a 180 persone ed esporta in Giappone, Stati Uniti, Germania, Russia. L’emozione è tangibile anche fra gli oltre seicento invitati: nel percorso che fa pensare a una libreria con una navata di 100 metri per 8 di altezza si alternano inediti filmati dell’Istituto Luce negli anni Cinquanta alla scrivania del fondatore Giuseppe Marenzi ricoperta di foto d’epoca, una sezione super tecnologica con i capi più visionari della serie Luminar a una vera cascata di acqua e infine ci si immette in un laboratorio dove una ventina di studenti del Polimoda e dell’Osaka Institute of Fashion rappresentano in piccolo un reparto di produzione.

La moda come cultura è anche il linguaggio di Gucci che ieri ha inaugurato due nuove sale del suo Gucci Garden nell’antico Palazzo della Mercanzia dedicandole alla collaborazione fra Alessandro Michele, direttore artistico della maison e Björk. Per la realizzazione del video The Gate del 2017 che accompagna il primo singolo dell’album Utopia della cantante islandese – la canzone descrive la riscoperta dell’amore dopo la fine di una dolorosa relazione – Gucci ha realizzato, ed è in mostra, un sensazionale abito che ha richiesto 550 ore di lavoro e 320 ore per i ricami, 5 metri di PVC iridescente e 20 metri di organza di lurex, crêpe de chine e jersey di seta plissettati.

Ieri sera, inoltre, Marco Bizzarri, presidente di Gucci e Eike Schmidt, direttore delle Gallerie degli Uffizi, hanno visitato con alcuni gli ospiti le aree in cui sono stati effettuati i primi interventi realizzati per «Primavera di Boboli», un progetto di restauro grazie anche alla donazione di Gucci, due milioni di euro da erogare nell’arco di tre anni. Eclatante anche l’allestimento su due piani a Palazzo Pucci, di una serie di manichini firmati Bonaveri. Sensazionale l’infilata di 57 manichini in velluto e in 31 varianti di colore che nella Galleria del primo piano indossano, come ospiti di una sfilata, pezzi d’archivio tra cappelli, foulard, borse, scarpe. Altrettanto spettacolari i manichini vestiti con l’iconica stampa «Vivara» disposti nel cortile centrale del palazzo con un gigante di sei metri a farla da padrone. Il viaggio termina con una visita allo studio del marchese Pucci, dove sono esposti effetti personali, tra cui oggetti e schizzi. Ma l’oggetto che ognuno vorrebbe portar via è un manichino in miniatura decorato a mano da un artista: una vera delizia

IL GIORNALE

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