Rosi senza spine
Raffaele Leone
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La mia amica Rosi non è una raffinata politica. Ma lei, pensionata milanese che ha gestito un piccolo negozio, è in questo momento maggioranza nel Paese. Il suo ragionamento quando mi parlava domenica scorsa era semplice: “Non sopporto le critiche preventive al nuovo governo, se poi le critiche vengono dagli altri partiti, mi arrabbio proprio. Che cosa hanno fatto loro in questi anni quando erano al potere?E sulla nave respinta dico: finalmente. È già qualcosa”. Mi scrivono tanti che, come me, temono il populismo a Palazzo Chigi.
Ma anche tanti che la pensano come Rosi. Lettori che non mi sembrano né esagitati né razzisti, alcuni con un passato di militanza in altri partiti. Dicono la stessa cosa:i grilloleghisti non sanno amministrare?E i loro predecessori allora? Lasciamoli lavorare. Poi mi chiedono: perché lei è così diffidente? D’abitudine rispondo a tutti. E rispondo così: perché non mi piace chi vive di slogan, perché preferisco la moderazione nei toni e nei contenuti, perché governare significa essere pragmaticie non massimalisti, perché non si può promettere la luna quando si è sulla terra, perché detesto chi la fa facile quando facile non è, perché rifuggo da chi vuole ghigliottinare in piazza le “classi dirigenti” soltanto per farsi classe dirigente.
Ammesso e non concesso che si possa davvero fare di tutta l’erba un fascio, aggiungo: è vero, veniamo da anni di politica mediocre, ma se i vecchi partiti hanno buttato l’Italia nel cesso, come dite voi, da quel cesso bisogna toglierla, non tirare lo sciacquone. Però ascoltare tutta questa gente mi ha fatto capi re che l’attuale governo ha una prateria davanti.
È vero che in Italia ci stiamo pocoa trascinare nella polvere chi abbiamo appena messo sull’altare, eppure…
Primo: chi ha votato i populisti voleva fare tabula rasa dei vecchi partiti perfinoa prescindere dal programma gialloverde.
Secondo: c’è riuscito, e al momento non ci sono in campo alternative tali da rappresentare un’alternativa.
Terzo: ho l’impressione che almeno per un po’ gli elettori grillini e leghisti saranno indulgenti verso le promesse mancate, gli scivoloni, le gaffe, il pressappochismo dei loro beniamini.
Dove voglio arrivare? Al paradosso di dire che il nuovo governo potrà durare per un po’ anche se non manterrà gli impegni economicamente insostenibili che ha sventolato in campagna elettorale. Anche se farà un decimo di quel che ha promesso, anche se si farà sentire senza scassare alleanze internazionali. Anche se smetterà di dire che lo spread è un complotto, anche se ammetterà che la legge Fornero forse non andrebbe tutta rottamata, anche se ha tanti ministri tecnici (quei tecnici contro cui ha tuonato), anche se il reddito di cittadinanza e la flat tax “le faremo un po’ più sfumate, forse, chissà, fra un anno o due”. Voglio dire che il governo vittorioso per i suoi estremismi sarà benvoluto anche se scenderà dall’Iperuranio.
Gli basterà fare qualcosa, dare qualche segnale di discontinuità qui e lì. È evidentemente un matrimonio di convenienza quello tra Di Maio e Salvini, non sono uguali i due, ma ci sono matrimoni di convenienza che festeggiano le nozze d’argento nonostante marito e moglie non si amino. E, comunque, chi li contrasta non può costruire l’opposizione puntando soltanto sul divorzio. Nonè un grande orizzonte augurarsi che volino i piatti a Palazzo Chigi, che i grillini cedano sotto la pressione leghista, che Salvini faccia saltare tutto per governare da solo.
È questo il progetto politico alternativo? Andiamo bene. Certo, prima o poi gli sposi dovranno decidere che cosa vogliono fare da grandi. Di Maio dice la bestialità che non gli importano gli indici economici ma la felicità degli italiani (come se le due cose fossero scollegate); contemporaneamente sostiene la tesi sensata che l’Ilva ha bisogno di un piano di rilancio industriale, non di diventare un’area verde con tredicimila giardinieri (come vorrebbero Grillo e la sua base pugliese). Un po’ sans culotte, un po’ completo blu. Lo so, ci vuole coraggio a essere realisti quando si è promesso con faciloneria l’impossibile, ma la vera prova di un politico nonè quella elettorale,è quella di governo.
l cinquanta e rotti per cento che hanno grillini e leghisti non cambia la vita ai cittadini, come lo useranno sì. E quei cittadini oggi stanno concedendo loro un enorme credito. Mentrei sindacalisti della Cgil che intonano Bella ciao quando incontrano il “nazista Salvini” sul bus, o i savianboldriniani che gli danno del boia se dice agli europei di prendersi una nave carica di migranti dopo giorni in cui ne abbiamo accolte tantee loro mai una,o quelli che “meno male che in Spagna c’è la sinistra” e fanno la claque a Macron perché dice “incivili” dimenticando i suoi muri a Ventimiglia e a Bardonecchia, dovrebbero puntare la sveglia. Se andrà bene finiranno a ” Chi li ha visti? “, mentre le Rosi d’Italia avranno una ragione in più per sentirsi soddisfatte del loro voto.
PANORAMA