Occupazione, perché i giovani non trovano lavoro

Andrea Telara

Prima in Europa per la quota di Neet, i giovani tra 18 e 24 anni che non studiano né lavorano. E’ il triste primato dell’Italia, certificato ancora una volta da Eurostat, l’istituto europeo di statistica. Nel nostro Paese la quota dei cosiddetti Neet (not in education, employment or training) è pari infatti al 25,7% , contro una media continentale del 14,3%(dati aggiornati al 2017).

Nessuna nazione del Vecchio Continente “vanta” percentuali peggiori delle nostre. In seconda posizione, ma a distanza, c’è infatti Cipro (22,7%), seguita dalla Grecia (21,4%), dalla Croazia (20,2%), dalla Romania (19,3%) e dalla Bulgaria (18,6%). Un tasso di Neet elevato e superiore al 15% si registra  in Spagna (17,1%), in Francia (15,6%) e in Slovacchia (15,3%), mentre ci sono paesi con una quota molto bassa. E’ il caso  dell’Olanda (5,3%), della Slovenia (8%), dell’Austria (8,1%), oltre che del Lussemburgo e della Svezia (8,2%). Ma perché, nel nostro Paese, è così difficile per i giovani trovare un lavoro?

Problema cronico

Sull’argomento sono già stati spesi fiumi di inchiostro visto che il problema della disoccupazione tra gli under 25 o 35 affonda le proprie radici nel passato. Anche nel 2007, anno precedente lo scoppio della crisi economica e anno record per l’occupazione in Italia, il tasso dei giovani senza lavoro era attorno all’altissima soglia del 20%, ampiamente superiore alla media europea.

Tralasciando le lunghe dissertazioni di molti economisti, per avere una spiegazione di questo problema cronico dell’Italia può essere di aiuto guardare a pochi dati che testimoniano un fatto difficilmente contestabile: nel nostro Paese  c’è un sistema della formazione scolastica e professionale che fa acqua da tutte le parti, almeno nella capacità di creare nuove leve per il mondo del lavoro.

4 anni per un’assunzione (stabile)

Secondo le rilevazioni dell’Ocse, per esempio, in Italia i giovani che hanno terminato gli studi attendono mediamente 45 mesi prima di avere un’assunzione a tempo indeterminato, quattro volte in più che nel resto d’Europa. Inoltre, come ricorda anche l’economista Francesco Pastore su Lavoce.info, “circa il 50 per cento degli studenti che si iscrivono all’università abbandonano il percorso di studi senza completarlo”.

Anche quando riescono a finire, però, i giovani italiani hanno un grosso gap da colmare. Oltre il 40 % dei laureati della Penisola consegue infatti il titolo di studio con un ritardo compreso fra uno e dieci anni rispetto al percorso regolare. Tradotto in cifre, ciò significa che un giovane italiano si laurea spesso dopo i 27 anni e deve aspettare i 32-33 anni per trovare un impiego stabile. Alla stessa età, invece, un giovane britannico ha già alle spalle 10 anni di carriera visto che nel Regno Unito il percorso universitario viene completato mediamente a poco meno di 22 anni.

Non c’è dunque da stupirsi se la quota di nostri connazionali con un titolo di studio elevato sia molto bassa. Secondo Eurostat, nella fascia anagrafica tra 25 e 34 anni la quota di laureati è al 20%, contro il 33% della media europea, il 26% della Germania e il 40% circa della Francia e della Gran Bretagna.  A sud delle Alpi, ben il 29% degli under 35 addirittura non ha neppure il diploma, contro una media Ue del 19%. Con pochi giovani istruiti, insomma, ci sono anche pochi giovani al lavoro.

Per saperne di più:

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