Ma quali buonisti sono “cattivisti”

Bisognerebbe smettere di chiamare buonisti gli integralisti dell’immigrazione. Perché – come dice Nanni Moretti, non a caso uno dei loro guru – le parole sono importanti.

E allora iniziamo ad apparecchiare i nostri discorsi con le giuste parole: i buonisti, quelli che escono di casa con in tasca dieci morali da fare e distribuire con somma spocchia, quelli che sono sempre pronti a dare lezioni solo per il gusto di carezzare il loro ego assolutamente umanitarista, non sono buoni. Anzi, sono proprio cattivi. Cattivisti più che buonisti. Col sovrapprezzo che non hanno nemmeno l’ardire di presentarsi per quello che sono, ma indossano la maschera della pelosa bontà terzomondista.

Partiamo dall’ultimo sproloquio, in ordine di tempo. Titolare del delirio è Paola Nugnes, senatrice a Cinque Stelle: «Noi europei siamo oramai un popolo di gente in continua ed inarrestabile decrescita demografica, che invecchia ad un ritmo più veloce di quanto sia in grado di riprodursi. Abbiamo bisogno dell’Africa per attingere ai geni della resistenza e della resilienza. Di un popolo giovane, forte e capace di resistere e di lottare per resistere. Ci piaccia o non ci piaccia». Praticamente un piano di sostituzione etnica con sradicamento dall’Africa dei suoi legittimi abitanti e deportazione in Europa. Con la conseguente cancellazione della cultura dell’uno e dell’altro continente. Vi sembra un’idea buonista? A occhio e croce, più che altro, sembra folle. Ma il fronte pro immigrazione – fronte che di solito ama parlare «di» immigrati, ma non ama parlare «con» gli immigrati e ancor meno con gli italiani che con questi ultimi devono convivere – è vasto e trasversale, politico e pure economico. Perché l’immigrazione tira, evidentemente. Così, ieri, su importanti quotidiani nazionali è comparsa una gigantesca pubblicità della Benetton. Una pubblicità di magliette? Ma va, troppo banale parlare di magliette per vendere magliette. Meglio mettere una foto di sbarchi di immigrati. Una foto vera non posata, un’immagine di cronaca, un’istantanea di disperazione. Ovviamente griffata United Colors of Benetton. Altro sfolgorante esempio di bontà.

Ma non c’è due senza tre e nel delirio razzista dell’antirazzismo arriva pure la copertina dell’ultimo numero dell’Espresso. Due volti giganteschi: uno è di un uomo di colore (il sindacalista Aboubakar Soumahoro), l’altro è di Matteo Salvini. Titolo: «Umani e no». Dove il non umano, il disumano, forse il subumano o l’animale, non si sa, comunque quello sbagliato è ovviamente il ministro dell’Interno. Buonisti? No, proprio no. Livorosi e convinti di appartenere a una razza (loro questa parola la possono usare) eletta.

Sono cattivi. E vogliono pure fare i maestri.

IL GIORNALE

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